La squadra di Donald Trump si va definendo. Uno degli ultimi tasselli finiti al suo posto è quello di David Sacks, ex direttore di PayPal, che si occuperà di IA e criptovalute. Tuttavia, alcune delle nomine sono a rischio, se non di bocciatura, almeno di creare situazioni di imbarazzo. Per questo il nuovo presidente, osserva Rita Lofano, direttore responsabile dell’AGI, deve fare attenzione ai candidati che dovranno essere vagliati dal Senato, dove i repubblicani hanno la maggioranza, ma contano anche parlamentari che rappresentano la fronda interna del partito. Potrebbero essere loro a cogliere l’occasione per far fare una brutta figura a Trump: tra scandali sessuali, abuso di alcol e simpatie per i russi, le occasioni non mancherebbero. Per questo qualche nome potrebbe saltare, come quelli di Pete Hegset, giornalista di Fox, Tulsi Gabbard e Kash Patel.
Donald Trump sta avendo diverse difficoltà nell’assemblare la sua squadra di governo. Lo stesso Kennedy, per esempio, che dovrebbe occuparsi di sanità, nel suo passato avrebbe usato eroina e sarebbe coinvolto anche in abusi sessuali. E non è l’unico a dover rispondere di episodi del genere. Come risolverà il problema il nuovo presidente americano?
Kennedy non è fra i tre più a rischio per le nomine. Prima di lui ci sono Pete Hegset per il Pentagono, perché è accusato di molestie sessuali e sarebbe dedito all’alcol, Tulsi Gabbard, direttrice in pectore della National Intelligence, considerata vicina a Mosca, e Kash Patel, che Trump vuole mettere a capo dell’FBI e che ha dichiarato di voler monitorare i giornalisti. Le nomine devono passare al Senato con una maggioranza semplice e, anche se i repubblicani sulla carta hanno la maggioranza, bisogna tenere conto che la nomina viene preceduta da un dibattito in cui si ascoltano testimonianze sui candidati. Si rischia, insomma, che emergano elementi che possono mettere in imbarazzo il presidente stesso.
Cosa può succedere quindi?
Quando doveva essere confermato il giudice Kavanaugh per la Corte Costituzionale, accusato di molestie per un episodio di gioventù, la donna che ne era stata vittima aveva testimoniato in Senato. La nomina passò lo stesso, ma fu un dramma che coinvolse la famiglia del giudice, con molte domande, anche nel dettaglio. Ecco perché, nelle nomine di Trump, si cerca di evitare questo tipo di imbarazzo.
La maggioranza dei repubblicani in Senato è abbastanza risicata: è un elemento di cui tenere conto?
Ci sono repubblicani come Lisa Murkowski e Mitch McConnell, falco della fronda anti-Trump, che guardano con scetticismo a queste nomine e che potrebbero far venir meno il loro sostegno. A Trump non conviene forzare la mano, tant’è che si parla già di sostituire Hegset con Ron DeSantis, il governatore della Florida, o Mike Waltz, nominato consigliere per la Sicurezza, carica per cui non è previsto l’assenso del Senato. Il nuovo presidente avrebbe manifestato un’apertura a considerare un cambio in corsa. Ci sono nomine che sono a rischio di conferma o, appunto, in grado di creare situazioni imbarazzanti. Si è anche parlato di ricorrere al recess appointment, una procedura che permette di nominare qualcuno senza ricorrere al Senato. Uno strumento preso in considerazione anche da altre amministrazioni, anche se si cerca di non utilizzarlo perché, di fatto, sottrae potere al Senato stesso.
Ci sono problemi anche per Mehmet Oz a Medicare, star della Tv e in conflitto di interessi per un farmaco da lui stesso pubblicizzato, e già si è dovuto sostituire Matt Gaetz con Pam Bondi come “ministro” della Giustizia. Come mai così tanti incidenti di percorso?
Diciamo che l’inclinazione di Trump è di prendere tutti i fedelissimi. Infatti, tra le persone che non hanno bisogno della conferma del Senato, ha scelto molti suoi amici, a cui deve qualcosa. Navarro, consigliere per il commercio, aveva lavorato con Trump nella prima amministrazione, ma si è fatto quattro mesi di carcere per essersi rifiutato di testimoniare al Congresso per l’assalto del 6 gennaio 2021, oltre a essere favorevole ai dazi ed estremo difensore del protezionismo. È anche umanamente comprensibile che Trump prenda persone che considera leali e vicine a lui. Su alcune nomine è stato più attento: la stessa Bondi è una persona molto qualificata. Trump ha oscillato tra persone con un curriculum forte e suoi amici, con questa debolezza per le star della Tv, come Oz e Hegset. Se dovesse cambiare, meglio farlo prima, sarebbe molto più imbarazzante essere costretti a procedere dopo il voto in Senato.
Complessivamente che giudizio si può dare sulla sua squadra?
Vedo una squadra e un programma MAGA (Make America great again, ndr), all’insegna dell’America First. Rilevo comunque, per quanto abbia nominato due suoi parenti come Massad Boulos (consigliere per il Medio Oriente e padre del marito della figlia Tiffany) e Charles Kushner (ambasciatore a Parigi, anche lui padre di Jared Kushner, marito di Ivanka Trump), una grande attenzione allo scenario politico internazionale, probabilmente per la promessa che Trump ha fatto di chiudere i conflitti.
Ha dato spazio anche ai suoi finanziatori?
Warren Stephens, uomo d’affari, è il designato ambasciatore nel Regno Unito. In passato aveva finanziato pesantemente i democratici, mentre ora si è spostato su Trump. Alcune scelte sono state all’insegna del pragmatismo, anche se alla fine c’è un po’ di tutto: generali, politici che hanno sempre sostenuto Trump, i fedelissimi che lo hanno portato alla vittoria, i collaboratori di sempre, da Dan Scavino, il consigliere per la campagna elettorale che curava la parte social, a Stephen Miller. Le persone scelte, comunque, sono coerenti con il programma che era stato annunciato.
Sono tutte nomine sue o Trump è stato influenzato dal partito? Oppure il partito repubblicano tenterà di correggere in corsa la squadra?
Le nomine sono sue, non per niente ci sono anche due consuoceri. Il partito può essere un problema nel momento in cui bisognerà votare: la Murkowski è stata a favore dell’impeachment di Trump e McConnell non è mai stato un suo grande fan. I fedelissimi hanno suggerito le nomine, il resto del partito può rischiare di minarle.
Molti osservano che Trump dovrà comunque fare i conti con il deep state, e avrà contro la parte più in ombra dell’amministrazione. È così?
Secondo me è pura speculazione. Trump non rinuncerà a fare Trump. È più sensibile alle star della Tv che lo hanno sostenuto piuttosto che al deep state. In passato, comunque, ci ha abituati a cambi continui, una situazione che potrebbe ripetersi. Basta pensare a quanti portavoce ha cambiato la prima volta, anche se nel secondo mandato ci si può aspettare che faccia tesoro dell’esperienza precedente. Alcune nomine, tuttavia, lasciavano perplessi anche prima che uscissero le accuse nei confronti dei candidati.
(Paolo Rossetti)
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