QATARGATE SENZA “PACE”: LASCIA UN ALTRO MAGISTRATO E I TEMPI SI ALLUNGANO
Da Michael Claise a Aurélie Dejaiffe, sembra quasi che l’inchiesta Qatargate “non s’ha da fare”, o quantomeno non “s’ha da concludere”: dopo ormai due anni esatti dall’esplosione politica del caso Qatar-Ue con gli arresti eccellenti della ex vicepresidente del Parlamento Ue Eva Kaili (e di numerosi politici dell’area Socialisti-Sinistra in UE, tra cui Antonio Panzeri), lascia la guida delle indagini preliminari un altro magistrato chiave dell’inchiesta.
Dopo l’uscita di scena del fautore delle prime indagini (per presunti conflitti di interessi, ndr), con decisioni “choc” e gestione di arresti e interrogatori “controversi”, ora è la giudice istruttrice Aurélie Déjaiffe a lasciare di colpo l’inchiesta Qatargate sulla presunta corruzione che i ministri di Doha avrebbero intrattenuto con alcuni esponenti di spicco del precedente Parlamento Europeo: prima appunto Claise che lo scorso gennaio all’improvviso diete l’annuncio di lasciare la magistratura per lanciarsi in politica, con risultati però piuttosto minimi. Alle Europee con il partito belga “Defi” di Centrosinistra, il giudice Michael Claise ottenne solo 6.700 preferenze e rimane fuori dal Parlamento Europeo. Ora a lasciare il Qatargate è l’altra giudice di Bruxelles in quanto ha ottenuto il trasferimento presso la Corte d’Appello di Bruxelles: risultato inequivocabile, l’indagine sulla presunta corruzione Qatar-Ue resta al palo dopo due anni dai primi arresti di Kaili, Antonio Panzieri, Andrea Cozzolino, Marc Tarabella e Francesco Giorgi, con accuse ancora “nel vuoto” tra corruzione, riciclaggio e associazione a delinquere.
COSA PUÒ SUCCEDERE ORA SUL QATARGATE TRA SCARCERAZIONI GIÀ AVVENUTE E INDAGINI NON CHIUSE: INTANTO IN MEDIO ORIENTE…
Al netto delle posizioni garantiste che dovrebbero sempre permanere in qualsiasi procedimento penale, il caso Qatargate ha assunto talmente tanti colpi di scena da quel 9 dicembre 2023 (giorno dei primi arresti decisi dal giudice Claise) da risultare difficile ora capire quale sarà la prossima mossa su un’inchiesta profondamente politica che avrebbe potuto sconvolgere il Centrosinistra alle scorse Europee ma che di fatto è rimasto elemento “silenziato” anche in campagna elettorale.
L’addio ora della magistrato Déjaiffe – che come ricorda il “Corriere della Sera” in realtà era stata la prima a ricevere il fascicolo con i primi indizi di reato, passando poi il faldone a Claise – rimette tutto in discussione, con il rischio che i tempi si allunghino ulteriormente. La verità di cosa sarebbe successo negli intrighi sull’asse Qatar-Marocco-Bruxelles resta ancora velata: gli indizi non sono mai divenute prove (o meglio, la maggior parte di essi), gli indagati arrestati per mesi sono stati tutti rilasciati, mentre i presunti corruttori (l’ex Ministro del Lavoro del Qatar, Al Bin Samikh Al Marri, e l’ambasciatore del Marocco Abderrahim Atmoun) stralciati dall’inchiesta e indagati solo nei rispettivi ordinamenti nazionali. Qatargate “fermo”, giudici quasi tutti sostituiti e con metodi di indagine tra loro anche molto diversi che renderanno più complicato il lavoro ai prossimi sostituti in arrivo: non solo Claise e Déjaiffe, anche il procuratore Raphael Malagnini è stato trasferito in questi due anni a Liegi mentre il portavoce della Procura (Eric Van Duyse) sta per finire il proprio mandato.