La denominazione è un po’ sofisticata, bagnamento litograficamente controllato, ma l’ideatore, il chimico Massimiliano Cavallini, rivela che «il metodo è stato ispirato dal gioco di mio figlio». Si tratta della nuova metodologia Lcw (Lithographically Controlled Wetting) applicabile al campo delle nanotecnologie, sviluppata e brevettata dall’Istituto per lo studio dei materiali nanostrutturati del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Ismn-Cnr) di Bologna. La Lcw può essere applicata a qualsiasi composto materiale solubile, permettendo la formazione di strutture micrometriche e nanometriche organizzate su larga area, senza bisogno di strumenti né di infrastrutture complesse. Il protocollo è pubblicato sulla rivista specializzata Nature Protocols, dove campeggia nella copertina del numero di settembre. Ne abbiamo parlato con lo stesso Cavallini, che all’Ismn-Cnr è responsabile del gruppo di nanofabbricazione non convenzionale.
In che cosa consiste la tecnica del bagnamento litograficamente controllato?
È una tecnica che permette di controllare come una soluzione può bagnare una superficie solo localmente, sfruttando le forze capillari che si instaurano quando una punta si appoggia sulla superficie stessa. Mi spiego con un esempio: se lei versa dell’acqua su un tavolo questa si distribuisce in goccioline più o meno grandi (o, al limite, si può formare un’unica grande goccia che crea una pellicola omogenea). Se poi ci appoggia un dito può divertirsi a spostare queste gocce; questo spostamento è permesso in quanto si forma un menisco d’acqua tra il dito e il tavolo. Il bagnamento litograficamente controllato si basa su questo principio, dove il dito è sostituito dalla protuberanza di uno stampo di dimensioni micrometriche e l’acqua da una soluzione contenente un materiale funzionale.
Lei l’ha descritta come “il fenomeno che forma l’impronta della tazzina del caffè nel piattino”: può illustrare questo paragone?
È esattamente come l’esempio che ho descritto prima. In questo caso la goccia che depositiamo sul piattino dopo aver mescolato nella tazza è la nostra soluzione, che viene guidata a distribuirsi dalla base della tazzina. Il risultato è che il caffè si distribuisce nel piattino “replicando” la base della tazzina stessa. Se poi si guarda bene, a causa dell’evaporazione dell’acqua la replica è un po’ più piccina della base della tazza.
Qual è la novità e quali sono i vantaggi di questo metodo?
La novità consiste nel processare direttamente un fluido. Il fatto che alla fine (ovvero quando il solvente evapora) il processo diventi una semplice precipitazione, non richiede che il materiale da processare abbia interazioni particolari con il substrato: ciò amplia moltissimo il numero di materiali utilizzabili, in quanto i metodi tradizionali richiedono spesso interazioni particolari tra il materiale processato e la superficie o lo strumento usato per il processo. In seconda battuta l’effetto di confinamento spaziale permette di esaltare tutti quei fenomeni di autoorganizzazione che si verificano a livello molecolare.
Inoltre la fabbricazione di nanostrutture può essere anche effettuata partendo da stampi micrometrici, sfruttando l’evaporazione del solvente che riduce il volume delle strutture stampate, ottenendo però nanostrutture di dimensioni inferiori a quelle della protuberanza. L’utilizzo di stampi, facili da produrre e rifare con tecniche di rapid protyping e replica molding, rende il costo della tecnologia molto inferiore al costo di tecniche litografiche di tipo top-down.
In termini pratici i materiali si organizzano dove e quando vogliamo noi, su scala micrometrica e nanometrica e anche più velocemente di quanto farebbero normalmente.
Con quali materiali si può utilizzare?
In linea di principio con tutti i materiali solubili.
Quali sono i principali campi applicativi?
Come tutte le tecniche di fabbricazione i relativi campi di applicazione sono molteplici e dipendono dai materiali usati. La tecnica è stata sviluppata per il modellamento di materiali semiconduttori molecolari e polimerici in dispositivi elettronici organici; successivamente è stata estesa anche a materiali con proprietà ottiche per realizzare etichette anticontraffazione di prodotti commerciali. Con alcuni materiali che cambiano stato con la temperatura sono stati fabbricati elementi di memoria per dispositivi che ‘raccontano’ la storia termica di un prodotto.
È stato facile ottenere il brevetto? Come pensate di gestirlo?
Vista l’originalità della tecnica, il brevetto è stato ottenuto senza troppe difficoltà anche se, per motivi tecnici, ha richiesto più passaggi con l’ufficio brevettuale. Attualmente abbiamo il brevetto in Europa e Usa. Detto brevetto è stato dato in licenza allo spin off SCRIBA Nanotecnologie (di cui sono uno dei soci fondatori), dove viene utilizzato per le applicazioni di cui sopra. Ad oggi devo dire che le applicazioni nel settore anticontraffazione e monitoraggio della catena del freddo sono le più vicine al mercato, mentre le applicazioni in elettronica organica sono ancora a livello dimostrativo.
(Massimiliano Cavallini)