SCUOLA/ Medici, trasporti, nuovi prof: per riaprire, lo Stato ha bisogno dei privati

- Angelo Colombini

Prima di riaprire vanno risolti il problema dei trasporti, della vigilanza sanitaria e dell’assunzione di personale. Serve un piano chiaro del governo

scuola lombardia docenti Scuola (LaPresse)

La ripresa della didattica in presenza negli istituti superiori e nelle zone rosse anche delle classi seconda e terza media dovrà essere preceduta, questa volta, dalla predisposizione di piani chiari, condivisi e finanziati per l’organizzazione del trasporto pubblico, del servizio sanitario e per l’assunzione di personale, questioni ancora non risolte che impattano fortemente sulla tenuta del servizio scolastico.

Se e quando riaprire le scuole è un tema cruciale, che non può essere affrontato e risolto con uscite estemporanee e ad effetto come quella di prevedere la frequenza anche di sabato e di domenica. Aggiungere altre polemiche ad un dibattito già complicato non aiuta nessuno.

Qualunque sia la soluzione adottata non sarà esente da criticità: la chiusura è una sconfitta per tutti, ma la riapertura rischia di incidere sulla curva pandemica, perché anche se i dati hanno dimostrato che il numero dei contagi nelle scuole è basso, la ripresa in presenza dell’attività didattica farà muovere altri tre milioni e mezzo di studenti tutti i giorni. Per questo è importante una riapertura graduale, in piena sicurezza e solo dopo che siano stati affrontati e risolti il problema dei trasporti, della vigilanza sanitaria, e dell’assunzione di personale, altrimenti ci troveremo con una nuova impennata di contagi e costretti a nuove chiusure.

Gli stop and go sono deleteri sia per la qualità che per l’organizzazione del servizio di istruzione. La scuola è un mondo complesso, che non può essere aperto o chiuso per esigenze politiche che spingono a decisioni che hanno un impatto devastante su ragazzi, famiglie e personale scolastico. Se riapriamo, che sia in sicurezza e per tutti. Se si decide di riaprire in presenza che sia per fare scuola, non per provare la tenuta del governo.

Il diritto allo studio non è leso dalla didattica digitale integrata, sono stati fatti grandi sforzi da parte di tutta la comunità scolastica, dei ragazzi e delle famiglie per garantire la continuità del servizio e la tutela dei più fragili e la Ddi ha permesso, in una situazione di grave emergenza, di contemperare il diritto allo studio con il diritto alla salute. Ritornare alla didattica in presenza con l’alternarsi di quarantene di docenti e studenti e con tutti i problemi organizzativi, gestionali ma anche emotivi e psicologici che questo ha comportato, non è fare un buon servizio alla comunità tutta. La scuola è rimasta aperta per i ragazzi con problemi di disabilità e con bisogni educativi speciali e per attività laboratoriali, a dimostrazione di una forte attenzione ai bisogni dei più fragili. Certo a lungo andare la Ddi rischia di incidere negativamente sul rendimento scolastico, con il pericolo di accentuare la dispersione e l’abbandono.

Per dare stabilità alle relazioni tra studenti e docenti è importante mantenere il dialogo educativo, che di persona è più facile, certo, ma non è lo strumento che lo interrompe.

Per riaprire le scuole il governo, invece di fare proposte divisive, deve predisporre un Piano con misure e finanziamenti, e coordinare le Regioni e i Comuni per potenziare il trasporto pubblico locale nelle ore di ingresso e uscita degli studenti, utilizzando anche i mezzi del settore privato (pullman gran turismo) e quelli delle forze armate e di polizia. Deve però anche valutare in modo accurato le differenti esigenze dei territori per non lasciare indietro nessuno. Capienza ridotta del 50% e servizio raddoppiato nelle fasce orarie di ingresso e uscita degli alunni sono elementi imprescindibili di questo piano.

La previsione di ingressi scaglionati dovrà limitarsi solo alle grandi città dove c’è maggiore disponibilità di mezzi di trasporto durante tutte le fasce orarie; nei piccoli centri e nelle aree interne non è applicabile. Questa volta bisognerà davvero ridurre il numero di alunni per classe, a meno di non riuscire a individuare quegli spazi aggiuntivi così preziosi che possano consentire il distanziamento, spazi promessi ma ancora non realizzati. Mancano all’appello ancora molte delle 40mila aule preventivate dal ministero dell’Istruzione.

Così come è urgente e non più rinviabile risolvere il problema delle assunzioni di personale docente, la cui carenza, anche a causa del rinvio delle procedure dei concorsi ordinario e straordinario, sta diventando insostenibile.

Particolare attenzione dovrà essere riservata al personale scolastico in condizione di fragilità, al quale dovrà essere garantita la tutela sia sanitaria che contrattuale.

Sul versante sanitario va migliorato il raccordo tra Asl e istituti scolastici e tra le varie figure responsabili dell’applicazione dei protocolli di sicurezza per trattare tempestivamente i casi di contagio e i tracciamenti conseguenti e reso disponibile personale sanitario, reintroducendo anche il medico scolastico, sufficiente a garantire l’effettuazione dei test rapidi sia al personale scolastico che agli studenti. Questi test sono stati promessi ma mai realizzati, è ora di passare dalle parole ai fatti e sfruttare questo momento di sospensione della didattica in presenza per predisporre un piano che sia pronto a partire al momento della riapertura delle scuole.

Il governo definisca una linea e la mantenga per dare stabilità e certezza al percorso educativo, nell’interesse e nel rispetto dei diritti di chi vive la scuola. Se non ci sono le condizioni di sicurezza, si riapra più avanti, intanto pensiamo a lavorare bene con gli strumenti che abbiamo e a raggiungere tutti gli studenti e le famiglie che hanno problemi economici e/o di cultura digitale, dotandoli di device e soprattutto di connessione. Nessuno deve essere escluso dal diritto all’istruzione.





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