SCUOLA/ “Regina Mundi e la sua orchestra, a lezione di bellezza e gratitudine”

- int. Stefano Musolino

Per la scuola Regina Mundi la musica è parte integrante della proposta educativa. Ora anche attraverso un'orchestra d'archi tutta di studenti

Scuola regina mundi Scuola regina mundi

Dal concerto di Natale all’orchestra d’archi formata dagli studenti. E poi ancora i concerti di musica classica e l’opera a cui assistere per imparare ad ascoltare e comprendere gli autori di cui si è parlato in classe. Per la scuola Regina Mundi di Milano la musica è un elemento importante della proposta educativa. E non solo per accrescere la conoscenza dei grandi musicisti e imparare a suonare uno strumento da soli e insieme agli altri. Sì, perché, come spiega Stefano Musolino, docente di musica della secondaria di primo grado, quelle che vengono acquisite con queste attività sono competenze trasversali, che i ragazzi possono giocarsi anche nello studio delle altre materie e soprattutto che diventano un patrimonio personale che comunque non andrà perso neanche una volta conclusa la scuola.

L’esperienza della bellezza, la collaborazione con altri ragazzi accettando la guida del maestro o direttore d’orchestra, la curiosità suscitata da brani che non si conoscono, la gioia di stare insieme per un fine comune, di conoscere altre persone e di assumersi con loro il rischio di presentare il proprio lavoro al pubblico, lasciano il segno. Ciò che si vive con la musica, insomma, va oltre la musica stessa; c’è la consapevolezza di sentirsi parte di qualcosa di più grande che coinvolge e arricchisce le persone, che suscita gratitudine e voglia di comunicare.

In questo contesto spicca l’iniziativa della Regina Mundi Orchestra, nata in questo anno scolastico, nella quale ai ragazzi viene data la possibilità di imparare a suonare uno strumento musicale (in questo caso viola, violino e violoncello) prevedendo già nel progetto l’opportunità di suonare insieme, appunto, in un’orchestra.

Quanto è importante la musica nella proposta educativa della scuola e che significato hanno esperienze come quelle del concerto di Natale e dell’orchestra d’archi?

Sul concerto di Natale il nostro istituto investe da tanti anni. È un aspetto identitario della nostra idea di scuola, da un lato per dare ai ragazzi un’occasione per mettersi in gioco e dall’altro per avere una modalità bella per aiutarli a entrare nel significato del Natale stesso. L’orchestra, che è una iniziativa nuova, e l’idea di spingere sempre di più nelle attività didattiche curriculari o in certe uscite che adesso faremo in ambito musicale, sono nate da un’intuizione che ho condiviso con il rettore Matteo Severgnini e altri docenti. Ci siamo detti che i ragazzi hanno bisogno innanzitutto di fare un’attività musicale collettiva per stare insieme e abbiamo cercato di individuare gli strumenti a nostra disposizione come scuola. L’idea dell’orchestra è nata da lì: io ho sempre suonato in orchestra e ho imparato tanto dal punto di vista musicale e da quello delle competenze trasversali. Ho sempre visto da altri colleghi che hanno lavorato con i giovani come per loro sia un’occasione per mettersi in gioco.

L’orchestra come è strutturata?

È composta di strumenti ad arco: violino, viola e violoncello. Questo è il primo anno e ci sono 16 iscritti, tutti alunni della nostra scuola, molti dei quali hanno iniziato a suonare grazie a questa occasione. Per un evento che faremo a fine anno si aggiungeranno elementi anche di un’altra scuola di musica. Abbiamo pensato di incentivare l’insegnamento strumentale e già ora gli studenti che si sono dedicati agli strumenti ad arco sono raddoppiati. L’idea è che una volta al mese si incontrino tutti per una prova collettiva e nelle altre settimane facciano lezione a coppie, a gruppetti o singolarmente a seconda dei livelli. Una modalità di imparare lo strumento finalizzata alla musica di insieme. È un progetto unico.

Una esperienza che ha mosso quest’anno i primi passi. Come sta andando? Ci sono anche altri progetti?

L’orchestra è nata con questo anno scolastico. Per ora ci stiamo concentrando su questo con l’idea di espanderci e di realizzare un piccolo concerto in occasione della festa della scuola, oltre ad altri momenti in cui i ragazzi possano mettere in luce quello che stanno imparando. Il rettore ci sfida sempre dicendo che una scuola deve sempre avere il profumo della musica: vogliamo aprirci anche ad ambiti diversi e nell’ambito della didattica curricolare andremo a vedere un’opera. Le terze durante l’anno, magari la sera, vengono invitate a un concerto di musica classica. Ci sono più aspetti per potenziare la dimensione dell’educazione musicale, restando nell’ambito didattico.

Le esperienze del concerto e dell’orchestra oltre che dal punto di vista umano hanno dei ritorni anche dal punto di vista dell’apprendimento?

Al concerto di Natale partecipano prime, seconde e terze e spesso lì i ragazzi conoscono i compagni di altre classi, decidendo, ad esempio, di fare i solisti insieme. Dal punto di vista relazionale c’è un’apertura ad altri contesti che non conoscono. Nell’orchestra ancora di più: ci sono alunni anche delle primarie. La differenza di età è a volte marcata e questo può essere utile: sia per i più grandi che fanno da modello, che per i più piccoli che vedono quale può essere il risultato del loro percorso. Un altro aspetto: tutti gli anni a novembre quando si avvicina il momento del concerto di Natale i ragazzi cominciano a informarsi sui canti che si faranno, dando dei suggerimenti. Nasce un giudizio di bellezza e di curiosità su qualcosa che solitamente non fa parte del loro vissuto (a loro non capita, se non in certe famiglie, l’esperienza del cantare). E poi questi canti sono in lingue diverse, provengono da tradizioni differenti, in lingua inglese, spagnola e francese che sono quelle che studiano a scuola: c’è già un aspetto più culturale di apertura al mondo. Infine ci sono canti tradizionali natalizi e quelli dialettali, di musica popolare.

La musica è stata anche un veicolo per conoscere due realtà come quella israeliana e palestinese oggi in conflitto.

La musica è stata anche uno strumento per immedesimarsi e sentirsi vicino a una donna ebrea italiana di Haifa e una guida cristiano-palestinese di Betlemme. I ragazzi dopo aver incontrato queste persone appartenenti ai due mondi ora in conflitto, hanno desiderato fare sentire il loro affetto e la loro vicinanza, imparando e cantando due brani relativi al Natale che appartengono alle rispettive culture.

Solitamente nelle scuole la musica viene considerata un’attività aggiuntiva, importante e bella ma comunque qualcosa in più rispetto agli obiettivi primari. Voi invece le attribuite una grande importanza, da dove nasce questo cambio di prospettiva?

La musica aiuta ad acquisire competenze trasversali: mettersi al servizio di qualcosa di più grande, collaborare con un gruppo, ascoltarsi, seguire la figura del direttore, del maestro. In tutte le discipline devi seguire l’insegnante che ti conduce, al concerto se non si guarda la mano del direttore si rischia di suonare fuori tempo. Il punto, quindi, non è appena imparare a usare bene la voce o a suonare bene uno strumento, ma che ogni ragazzo acquisendo quelle competenze trasversali sia aiutato a diventare sempre di più se stesso e a scoprire i propri talenti e le proprie capacità.

(Marco Tedesco)

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