Mentre leggevo dei fatti di contestazione che si sono svolti all’Università Statale di Milano in occasione del convegno “Accogliere la vita” lo scorso 26 novembre, la mia attenzione è stata richiamata da una delle frasi pronunciate dai contestatori che recitava le parole “Un ciellino è un aborto mancato” e, lo ammetto, mi ha ferita moltissimo, per due ragioni.
La prima è puramente grammaticale: io sono una femmina quindi gradirei essere chiamata ciellina e non ciellino (quelli che parlano così sono forse gli stessi che vogliono rovesciare il patriarcato? Che scrivono con gli *?).
La seconda invece va a toccare corde molte più profonde e che risalgono a quarant’anni fa.
All’epoca mia madre aveva 43 anni e 5 figli, ma ne aveva perduti altri 3. Non mi ha mai parlato molto di quelle sorelline morte prematuramente, e io non le ho mai chiesto granché, ho sempre provato una sorte di pudore per quelle ferite troppo profonde, troppo viscerali per essere viste.
In quell’autunno del 1984 mia madre aveva dei dolori tali che dovette recarsi dal medico e fare un’ecografia, la cui diagnosi recitava all’incirca così: “Gentilissima signora, nel suo utero sono presenti due cisti che sono da raschiare al più presto”. L’operazione era già stata fissata, era tutto pronto, se non fosse che il primario del reparto decise di ricontrollare quelle immagini e solo allora capì. Chiamò mio padre al telefono, e con un grande sorriso gli disse: “Congratulazioni ingegnere: sono due!”.
Due bambine, per l’esattezza. Non due cisti, ma due gemelle eterozigote. Una doppia ovulazione, caso rarissimo (non esistono gemelli nel mio albero genealogico). Anche mia madre ricevette quella telefonata e credo che oltre a tanto stupore abbia provato un po’ di panico, perché era sotto cortisone e da quel giorno smise di prenderlo, e se c’è una cosa che non andrebbe proprio fatta è interrompere il cortisone così, di punto in bianco. Ma questo è successo, lo ha fatto e tutto è andato a meraviglia.
E un bel giorno di maggio io e la mia dolce sorellina siamo venute alla luce.
Ogni volta che mi sento inutile e che pensieri oscuri cominciano ad avvolgere la mia anima e il mio cervello, ripenso a quanto sono stata voluta. Sarebbe dovuto andare tutto storto: l’età avanzata di mia madre, il raschiamento già programmato, il cortisone. Ma Qualcuno mi ha voluta così tanto, che non Lo ha fermato nessuno.
Cosa c’entra tutto questo con CL? In effetti, mia madre manco era cattolica all’epoca. Si convertirà qualche anno dopo, quando io e la mia gemellina avevamo già circa dieci anni, e mia mamma aveva cominciato a portarci a Messa, e a insegnarci le preghiere, e io mi ero affezionata a quel Signore misterioso eppure così presente in quel tabernacolo. E insomma, se la mamma mi diceva che il buon Dio esisteva, io le credevo, eccome se le credevo. Però i miei amici no. Forse le loro mamme non avevano parlato loro del buon Dio oppure non gli interessava molto come argomento, sta di fatto che era diventato doloroso per me non avere un amico con cui condividere questo Gesù di cui mi parlava la mia mamma. E allora il buon Dio mi ha mandato Giulia. Io e Giulia eravamo in classe insieme al liceo, e tra noi scattò quell’assonanza tra anime che è davvero rara nella vita e che va tenuta stretta.
Giulia nel corso della nostra lunga amicizia mi ha fatto regali straordinari, ma il più meraviglioso di tutti è stato l’invito a quella giornata di inizio anno di Gioventù Studentesca presso la parrocchia di Sesso in provincia di Reggio Emilia. Erano circa le tre del pomeriggio di un sabato di ottobre del 1999. Insomma, un luogo e un momento precisi (ricordo perfino che pioveva e noi eravamo senza ombrello), scolpiti nella memoria perché è stato allora che ho incontrato il Movimento e da allora ho conosciuto CL e ho sperimentato la presenza della carne di Cristo quaggiù, e per questo motivo dal quel momento ho deciso che non avrei mai, mai più, abbandonato quella compagnia, segno concreto del divino tra noi.
Quindi lo confermo: sono una ciellina-aborto mancato, è vero, nel mio caso è proprio così. E quelle parole mi hanno ferita molto, perché è come se mi avessero detto che è uno sbaglio che io sia venuta al mondo, uno sbaglio enorme e non un miracolo, come invece è stato. Non so chi abbia pronunciato quelle parole così terribili, ma se mia madre fosse ancora viva mi sarebbe piaciuto invitarli a casa dai miei genitori perché dicessero queste cose in faccia a quella donna che conosceva il dolore di chi si ritrova una figlia morta tra le braccia.
Ma mia mamma adesso è col buon Dio e con le sue bambine e so con certezza che alcune delle sue preghiere sono anche per coloro che avrebbero preferito che abortisse piuttosto che generare una figlia ciellina.
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