SCUOLA/ Legge 107, la “tomba” di Renzi sulle paritarie

- Roberto Pasolini

Qual è lo stato dell'arte circa l'attuazione della legge 107/2015 per quanto riguarda le scuole paritarie? Esse infatti continuano ad essere residuali e subordinate. ROBERTO PASOLINI

renzi_scuola_faraoneR439 Matteo Renzi applaudito da Davide Faraone (Infophoto)

Quando, un paio di anni fa, il governo decise di aprire la stagione della “Buona Scuola”, feci di tutto per far comprendere a tutti coloro che operano nel settore della scuola paritaria, politici sensibili compresi, che non si doveva perdere l’occasione della costruzione di un nuovo modello organizzativo del sistema scolastico senza aver ottenuto che la scuola paritaria ne facesse parte con pari dignità.

Si è lavorato tanto, si sono fatte proposte, si è cercato di ottenere la giusta e dovuta attenzione alla funzione pubblica del servizio offerto dalle nostre scuole, ma i risultati sono stati minimi e i “muri” esistenti non sono stati abbattuti anzi, addirittura ne sono sorti altri.

E’ quindi con amarezza che mi accingo a scrivere questo stato dell’arte. Pur non avendo perso lo spirito che mi spinge, con tanti altri compagni di viaggio, a persistere in questa “battaglia civile” supportata, purtroppo solo teoricamente, dai principi espressi dalla nostra Costituzione e da una legge vigente quale la 62/2000 non può evidentemente mancare la delusione dello scarso risultato e la preoccupazione che la “finestra” aperta dal governo sulla costruzione del nuovo modello di sistema di istruzione e formazione si sta chiudendo con la stesura dei decreti delegati, e quando la finestra si chiuderà, occorrerà aspettare anni e anni prima che si abbia un’altra occasione come questa.

Devo dire, a onor del vero, per dovere di cronaca, che in questi due anni di lavoro ho trovato grande sensibilità e apertura da parte di molti parlamentari di appartenenza politica trasversale, sia di maggioranza sia di opposizione, disponibili a predisporre proposte normative ed emendamenti utili “alla causa”, senza però arrivare alla loro auspicata concretizzazione.

Allora perché? Mi sono posto questa domanda ed ho cercato di rileggere quanto accaduto per capire. Ritengo che la mia analisi possa partire da una posizione culturale ancora maggioritaria, difficile da modificare. In una conferenza di servizio organizzata dall’Usr Lombardia nel novembre 2015 un relatore chiamato ad analizzare gli effetti della 107/2015 sulla scuola paritaria ha tenuto ad evidenziare con molta oggettività e concretezza (vedi slide n. 3-4-5 del suo intervento) che “la scuola paritaria è ancora vista come un ‘incidente di percorso’, un ‘errore’ all’interno di un sistema di istruzione e formazione che è — e tale deve rimanere — esclusivamente statale”. Di conseguenza, nonostante le norme vigenti ricordate all’inizio del mio articolo, è considerata un problema con l’effetto di essere tollerata, ignorata, controllata.

L’inevitabile ripercussione politica spiega il perché l’attenzione e la buona volontà di molti parlamentari stenta e non riesce a produrre effetti positivi: nel momento delle decisioni, gli equilibri politici necessari al governo del Paese sono prioritari e il “problema della scuola paritaria” finisce sempre in secondo piano.

Questo continua a produrre effetti normativi che non tengono conto della specificità della scuola paritaria e della sua pari dignità di cui avrebbe diritto, visto che, per legge, fa parte dell’unico sistema nazionale di istruzione e formazione.

1. Le norme sulla scuola comprendono sempre l’insieme di aspetti generali di indirizzo e di aspetti organizzativi della scuola statale, mai una netta divisione dei due; con il risultato che si finisce per chiedere alla scuola paritaria l’applicazione obbligatoria di aspetti organizzativi caratteristici della scuola statale finalizzati alla razionalizzazione della spesa dello Stato (n. allievi per classe, istituzione di corsi, etc.). Così come obblighi amministrativi di cui è esempio il Ptof (Piano dell’offerta formativa triennale), documento indispensabile per le scuole statali poiché solo attraverso la precisa e corretta programmazione verranno assegnati gli organici, soprattutto quelli dell’autonomia e del potenziamento; ma anche se è sicuramente utile una programmazione a medio termine, perché renderlo obbligatorio (commi 137 e 152 della legge 107) con controllo in caso di ispezioni senza, evidentemente, alcun beneficio di natura economica od organizzativa? Va ricordato, inoltre, che solo tre commi della legge 107 — 137, 152, 181 — parlano esplicitamente della paritaria. Tre commi che indicano obblighi. Tolta la parte riguardante il reclutamento straordinario, altri 59 commi contengono previsioni normative che, magari indirettamente, riguardano anche il sistema paritario, ma con stesura “da scuola statale”.

2. In ogni suo intervento il legislatore si occupa dello Stato non come regolatore, ma come gestore e quindi norma, definisce, eroga solo per le scuole di Stato e per i suoi dipendenti e dirigenti, come se la scuola paritaria “fosse su un altro pianeta”. Ne sono esempio lampante normative relative ad obblighi prescrittivi di sistema come: Clil, alternanza scuola-lavoro, formazione in servizio cui le scuole paritarie sono tenute, giustamente, ad adeguarsi, ma a loro spese poiché i loro docenti non hanno accesso ai corsi di formazione per il Clil o per l’innovazione digitale; né alcuna risorsa è prevista per l’alternanza scuola-lavoro, così come i bandi sui Pon (Programma operativo nazionale “La Scuola per lo Sviluppo”, finanziato da Fondi strutturali), cui le scuole paritarie non possono partecipare, e il “bonus docenti”, solo per chi ha incarico nelle scuole statali.

L’effetto più devastante, a mio avviso, è quello che porta sempre a usare un parametro sbagliato quando si debbono prendere decisioni od emanare norme che si riferiscono alla scuola paritaria. Non si tiene conto del parametro corretto, ossia “il servizio pubblico essenziale” erogato, ma solo della “natura giuridica dell’istituzione” che lo eroga. Basti solo pensare al differente trattamento della tassa rifiuti nei comuni (procapite per la scuola statale, a metri quadrati per le paritarie), dell’Imu non ancora risolta nonostante avessi proposto, in collaborazione con diversi parlamentari, un emendamento risolutivo in legge di stabilità poi non inserito nel maxi emendamento per “opportunità politica verso l’Europa” così come il tema del sostegno all’handicap differente per uno studente a seconda che frequenti una scuola statale o paritaria, come ha ben evidenziato un articolo di Orizzonte scuola a seguito di uno specifico recentissimo comunicato delle Associazioni.

 

3. Un’attenzione particolare merita il tema della formazione iniziale e dell’abilitazione dei docenti che, da situazione complessa, incrocia più di un aspetto tra quelli indicati. Alla prima approvazione della norma, la stesura era inaccettabile, come scrissi in un apposito articolo, e si è riusciti a trovare una soluzione, ma ancora una volta con trattamento diverso. L’emendamento richiesto proponeva la stessa modalità di reclutamento per le scuole statali e paritarie, ossia assunzione a tempo determinato con obbligo di frequenza della stessa scuola di specializzazione, con conseguimento del relativo diploma a fronte del quale il contratto poteva essere ruolo per lo Stato e tempo indeterminato per le paritarie. La norma proposta è stata giudicata troppo simile se non uguale per statali e paritarie, tanto da render l’emendamento non accettabile. La mediazione ha lasciato tale modalità per le statali e il vecchio Tfa, a pagamento, per le paritarie!

Qualcuno a questo punto potrebbe dirmi: solo problemi? Allora sei proprio di parte! La detraibilità delle spese? I contributi? Il bonus scuola?

Nell’attesa della regolamentazione della buona norma circa il “bonus scuola”, per capire se tutte le scuole potranno ricevere erogazioni liberali, l’aumento dei contributi è sicuramente positivo, ma va ricordato che, con questo aumento, il livello complessivo è inferiore di circa 30 milioni rispetto al tetto di dieci anni fa con l’aggravante dell’erosione inflattiva (c.a 35%) e la detrazione fiscale, che porta un vantaggio economico per le famiglie di 76 euro, è un principio importante, ma di valore meramente simbolico, e come ho già ricordato affitti e stipendi non si pagano in “modo simbolico”. Mi è d’obbligo, sempre per dovere di cronaca, dire che una ricerca che ho coordinato nel 2009 — Scegliere la scuola — evidenziava in 1000 euro il break even point per porre una famiglia in condizioni di poter scegliere e i calcoli attualizzati di recente fanno salire il valore a più di 2000 euro (vedi dote scuola lombarda).

Può essere il tutto un buon inizio e mi auguro, scusate, che non sia solo “il piatto di lenticchie” utile a tacitare un po’ gli animi preoccupati del settore.

La lunghezza dell’articolo da sola evidenzia i tantissimi problemi da affrontare e, normalmente in questi casi si usa dire che “il cantiere è aperto”. Ne siamo sicuri?

Credo di non essere in errore affermando che prima va modificato l’atteggiamento e l’approccio culturale, come indicano le slides ricordate all’inizio, affinché la scuola paritaria non sia più vista come un problema, ma come una risorsa del sistema (come abbiamo dimostrato in un nostro recente libro, SOS educazione) e di conseguenza vada incentivata, valorizzata, sostenuta; poi si potrà aprire un cantiere con la vera, seria intenzione di portare a soluzione tutti i problemi esposti, nel rispetto della pari dignità della scuole paritarie, prevista dalle norme vigenti, e nell’interesse dell’intero sistema scolastico.





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