Una provocazione per tutti

- Federico Pichetto

Maggio è il mese mariano. Maria rende evidente un metodo che ha a che fare con la vita, che rende più vero e più umano il vivere

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Seppellimento di Gesù, Duomo di Siena (XIV sec.)

Si avvicina la conclusione del mese di maggio che tradizionalmente la cristianità dedica alla devozione mariana. La parola devozione risuona, in molti ambienti, come qualcosa di irrazionale o fideistico, come un fenomeno innocuo o figlio di una sottocultura popolare che caratterizza per lo più personalità ignoranti e fanatiche. In realtà la devozione, nella sua etimologia, descrive l’offrire qualcosa a Dio. Nel mondo antico l’obiettivo era quello di compiere tale offerta per guadagnarne il favore, nel cristianesimo il devoto è colui che dona tempo e affetto per esprimere a se stesso e alla comunità un giudizio di valore. Dedicare il mese di maggio alla figura di Maria, pertanto, significa porre tutta una serie di gesti che testimonino quanto la Madonna sia importante e decisiva per la vita di tutti.

Tuttavia, anche chi comprende adeguatamente il senso di questo tempo, si trova di fronte ad un altro equivoco: Maria è decisiva e importante per la vita di tutti non tanto perché è potente nel realizzare i desideri o esaudire le preghiere, quanto perché rende evidente un metodo che ha a che fare con la vita, che rende più vero e più umano il vivere.

I misteri del Rosario, in questo senso, aiutano a comprendere il valore culturale di una figura come la Madonna. La Chiesa li ha identificati progressivamente in quattro categorie: gaudiosi, luminosi, dolorosi, gloriosi. Ciascuna di queste categorie esprime una qualità che è un punto di paragone per ogni storia e per ogni tempo.

Nei misteri gaudiosi la comunità cristiana contempla l’incarnazione di Cristo e i giorni della Sua nascita: tutta la personalità di Maria è calamitata dalla presenza di quel bambino, da Colui che viene e che c’è. La gioia non è un’evasione, non è la realizzazione di un capriccio o una vita in cui tutto va bene, la gioia è la percezione di una presenza che rompe la solitudine. Si può essere vecchi o malati, si può essere giovani ed ebbri di desideri, ma quello che porta gioia al cuore è l’esperienza di una presenza gratuita che investe e cambia la vita come ha investito e cambiato quella di Maria. La qualità della vita di una città o di una nazione è determinata dalla qualità di presenza che quella cittadinanza o quella popolazione sperimenta nei momenti decisivi dell’esistenza. Il gaudio che la Chiesa annuncia non è nulla di intimistico o di solitario, ma è la proposta di un fatto che – come ogni presenza che s’introduce veramente nella vita – spezza la solitudine e rende più semplice il cammino.

I misteri della luce, al contrario, evidenziano alcuni momenti della vita pubblica di Cristo puntando molto sulla Sua capacità di cambiare le persone e i cuori, la natura stessa della realtà. Maria è la prima testimone di questo cambiamento: travolta dalla presenza del figlio, in lei troviamo tutti gli elementi di una trasformazione operata dalla Grazia divina. Lasciarsi cambiare, anche quando sono anni che le cose vanno in un certo modo, è il più grande segno di santità e di umanità autentica. Una società che non si lascia cambiare, che non si lascia mettere in discussione dai fatti della storia, è una società ideologica. La stessa nostra vita rischia di essere una vita ideologica quando non permettiamo ai figli di metterci in crisi, alle domande di nostra moglie o di nostro marito, alle istanze che provengono dalla cultura del nostro tempo. Cambiare non è una moda, ma l’ultimo esito di un ascolto e di un incontro sincero con una Presenza che ci tocca e ci raggiunge.

I misteri dolorosi ci conducono, dunque, al vertice di questo mese mariano. In essi ripercorriamo gli eventi della passione e della morte di Cristo, trovando in Maria non una spettatrice interessata, ma una Madre sfigurata. Il dolore ci segna, il dolore incide la sua firma nella nostra carne. Il dolore dei nostri sbagli e dei tradimenti altrui, dei nostri errori e delle malattie, delle morti e dei tanti frangenti di scoramento. Il dolore non è un sentimento astratto, ma una domanda aperta. Non esiste dolore individuale: ogni dolore interpella la comunità, indica un passo nel cammino, offre un’occasione per comprendere davvero che cosa desideriamo e attendiamo. Maria è la Madre che attende il corpo del Figlio, le nostre società – invece – rifuggono dal dolore, dalle fragilità, dalle ferite, promuovendo personalità performanti e risolte. Eppure tutto questo ci porta lontano dai problemi di un paese o di un comunità, lasciandoci in balia di modelli difficili da raggiungere, a volte impossibili da vivere.

In ultimo ci sono i misteri della gloria. Sono i misteri dedicati all’eternità, alla profondità, all’esistenza di una dimensione in cui Maria vive per sempre. È questa dimensione, che sta oltre tutto ciò che ci determina, che – al contrario – ci libera, è questa dimensione che ci dà speranza. Nei momenti difficili, negli istanti complessi, nelle ore più buie, la consapevolezza che la realtà non si esaurisca e non termini in ciò che noi vediamo, riapre lo spazio della possibilità, del bene, dell’attesa. Il futuro non è già segnato, il pianeta non è già condannato. C’è sempre qualcosa con cui non abbiamo ancora del tutto fatto i conti.

I misteri mariani, lontani dall’essere un pio esercizio di preghiera, sono una potente provocazione per tutti. Pregarli significa accettare di impararne il giudizio che propongono. Significa accettare, in fondo, che tutti – ma proprio tutti – abbiamo ancora molto da dover capire.

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