LA (PRESUNTA) DISCRIMINAZIONE E L’ATTACCO ALLA CHIESA DI SPAGNA: “DEVE DARE LA COMUNIONE ANCHE ALLE COPPIE LGBT”
Finché è la Chiesa a provare ad inserirsi nel dibattito sociale, culturale e politico di un qualsivoglia Paese il “gioco” di attaccarla per “indegne ingerenze” è piuttosto facile: quando però è un Ministro del Governo socialista di Spagna ad intervenire pubblicamente affinché un giudice imponga ad una Diocesi la decisione su chi dare/non dare un Santo Sacramento come la Comunione, ecco che allora ha il pieno diritto e pretende che anche l’opinione pubblica sia totalmente dalla sua parte. Ora, la premessa (lo ammettiamo) è tutt’altro che “politicamente corretta”, eppure quanto avvenuto negli scorsi giorni a Torrecaballeros (presso Segovia) e, di riflesso, nelle reazioni del Governo centrale a Madrid, ci scatena questa dura reazione quasi del tutto silenziata dai media nazionali (tranne “La Verità” di Maurizio Belpietro che ne ha coraggiosamente trattato ieri con un reportage di Patrizia Floder Reitter).
Atteniamoci per il momento ai fatti per capire perché la Ministra dell’Uguaglianza Ana Redondo sia intervenuta chiedendo che il vescovo di Segovia ponga fine a «gravi discriminazione basate sull’orientamento sessuale» dei fedeli in chiesa. Nasce tutto dalla protesta del sindaco socialista della piccola cittadina spagnola, indignato contro il parroco don Felicien Malanza perché gli aveva negato l’accesso all’Eucaristia durante la Santa Messa: il sindaco pubblicamente si dichiara omosessuale attivo, nonché sposato con un altro uomo. Assieme al primo cittadino di Torrecaballeros – Ruben Garcia de Andres – anche un’altra coppia nella vicina cittadina di Basardilla sarebbero stati esclusi dalla Comunione per decisione sempre del medesimo parroco. Il caso rapidamente arriva a Madrid con il PSOE nazionale del Premier Sanchez e della Ministra Redondo prende posizione ufficiale contro la Chiesa Cattolica: dopo il divieto di preghiera del Rosario in pubblico lo scorso dicembre 2023, un nuovo fronte di scontro si apre tra il Governo di sinistra e la Conferenza Episcopale spagnola.
Il segretario generale PSOE José Luis Aceves in una nota esprime indignazione per quanto avvenuto in Segovia, chiedendo che venga posto fine alle «discriminazioni basate sull’orientamento sessuale all’interno della chiesa segoviana». Ancora più dura la Ministra dell’Uguaglianza che si scaglia contro il parroco accusandolo non solo di aver violato l’articolo 14 della Costituzione spagnola sul “principio di uguaglianza”, ma pure l’art.16 per la libertà religiosa. Secondo Redondo, un fedele gay per la chiesa «non viene trattato nello stesso modo rispetto alla fede», per la Ministra non è possibile discriminare un cittadino LGBT. Di conseguenza, la richiesta che un giudice intervenga condannando il prete e dando invece pieno accesso all’Eucaristia per le persone omosessuali: al di là della “lieve” dimenticanza della stessa Ministra che la Spagna resta uno Stato aconfessionale, secondo Costituzione (ovvero implica «il dovere di neutralità dei poteri pubblici in materia religiosa»), l’inghippo dell’intera vicenda è un altro. Nel caso di Segovia si parla davvero di discriminazione o la scelta del parroco di vietare la Comunione ha un’altra origine?
LA REPLICA DELLA DIOCESI DI SEGOVIA: ECCO PERCHÈ LA MINISTRA SOCIALISTA SBAGLIA (E NON DI POCO)
Il caso è stato anche al centro del recente incontro avvenuto a Madrid tra la stessa Ministra Redondo e il Presidente della CEE (la Chiesa di Spagna), mons. Luis Arguello: al netto della comunità di intenti sul vietare ogni discriminazione in qualsivoglia ambito e luogo, con il vescovo che ha anche criticato alcune parrocchie dve vengono presentati corsi di “terapie di conversione” per le persone LGBT, la divisione è rimasta palese tra la politica e la Chiesa Cattolica. «Non vi è alcuna discriminazione», visto che la norma chiara della Dottrina della Chiesa Cattolica è che nel ricevere la Comunione occorre essere «in grazia di Dio, riguarda tutti i cattolici allo stesso modo, indipendentemente da qualsiasi altra condizione, compreso l’orientamento sessuale».
Ecco dunque il punto dell’intera vicenda che vede in pieno e totale errore la Ministra socialista di Spagna: il divieto al sindaco gay di poter ricevere l’Eucaristia non è attacco alla sua legittima scelta di orientamento, ma al fatto di essere fuori dalle condizioni stesse per il Sacramento. Come spiega molto dettagliatamente la Diocesi di Segovia in questo comunicato, quella di Torrecaballeros e Basardilla non è omofobia e nemmeno discriminazione, «la comunione non viene negata a causa dell’omosessualità, ma piuttosto per difendere la sacralità dell’Eucaristia». La negazione del Corpo di Cristo dipende dalla mancata soddisfazione delle condizioni oggettive di moralità e la Chiesa ha piena autorità morale ed ecclesiale per verificarle, come ribadito anche di recente dalla nota “Fiducia Supplicans” sulla benedizione delle coppie omosessuali. I cattolici in primis sanno che per ricevere la Comunione, siano essi omosessuali o eterosessuali, devono rispettare quelle norme ispirate dal Vangelo e dal Diritto Canonico: non è dunque un affronto alla persona LGBT il divieto, a differenza di quanto ritenuto da Redondo & Co. Non solo, la Diocesi ricorda che la negazione della comunione non esclude per nessun motivo il fedele dalla vita della Chiesa o dalla partecipazione alla Santa Messa, in quanto «la Chiesa incoraggia coloro che per vari motivi non possono accedere alla comunione a continuare a partecipare alla vita della comunità».
Come avviene per i divorziati o risposati, anche gli omosessuali che si dichiarano coppia fuori dal matrimonio devono rispettare le norme dell’Eucaristia della Chiesa Cattolica. Secondo il vescovo di Segovia le richieste del PSOE e del Governo Sanchez sono una ingerenza vera e propria, inaccettabile per la vita stessa della Chiesa, e quelli sì che rappresentano «un attacco alla libertà religiosa garantita dalla Costituzione». Oltre ad accusare la Ministra Redondo di una mancata verifica completa di cosa davvero sia successo nella Diocesi di Segovia, la Chiesa chiede al Partito Socialista di ritrattare le accuse lanciate come mere «motivazioni ideologiche contrarie all’insegnamento della Chiesa cattolica in materia».