Quante partite si stanno giocando sullo scacchiere del credito in Italia? Chi sono i competitori principali? E quali obiettivi si sono dati? Dopo l’Offerta pubblica di scambio lanciata dal Monte Paschi di Siena su Mediobanca – un’azione che solo poco tempo fa avrebbe meritato il marchio dell’azzardo – sarebbe bello avere risposte univoche, ma finché non si definiranno i fili della trama che si va intrecciando dovremo accontentarci di supposizioni.
Intanto si può immaginare che sia sceso in campo il Governo visto che il Tesoro è il principale azionista del Monte dei Paschi con l’11,7% del capitale. Dietro di lui, gli eredi di Leonardo Del Vecchio con la cassaforte Delfin (9,9%) e Francesco Gaetano Caltagirone (5%) che si muovono separati per colpire insieme in diverse occasioni di business come nel caso della governance da dare alle Generali in opposizione all’attuale assetto.
Trasformando il Monte dei Paschi da preda a predatore – l’istituto senese era nel mirino del Banco Bpm che avrebbe voluto acquisirlo per dare vita al terzo polo bancario dopo quelli di Intesa Sanpaolo e Unicredit -, il Governo lancia il segnale che non se ne starà con le mani in mano a guardare quello che le forze del mercato – con la legge del più forte o del più adatto a sopravvivere – potrebbero determinare se lasciate libere di agire.
Il boccone Mediobanca è ghiotto non tanto per il ruolo che il glorioso istituto fondato e guidato per tanti anni da Enrico Cuccia continua ad avere nel regolare i rapporti del capitalismo nostrano – ruolo col tempo assai affievolito -, quanto per essere la torre di controllo del colosso assicurativo Generali di cui è azionista di maggioranza con il 13%. Ancora una volta, affiancato da Delfin con quasi il 10% e Caltagirone con poco meno del 7%.
Proprio Caltagirone e Delfin si sono di recente opposti al progetto di Generali di conferire 620 miliardi di raccolta a una piattaforma paritetica con la francese Natixis con l’obiettivo di creare un gestore leader in Europa capace di creare nuova ricchezza per i soci. La sede in Olanda della joint-venture e la nazionalità franco-americana del management hanno però sollevato non pochi dubbi sull’opportunità dell’operazione.
Quello che appare difficile ottenere in via diretta – il Consiglio di Generali ha deciso di andare avanti nel programma nonostante le forti obiezioni – potrebbe diventare possibile in via indiretta attraverso la morsa che il blocco Governo-Delfin-Caltagirone potrebbe esercitare su Generali attraverso il Monte dei Paschi via Mediobanca dove ancora figurano in posizione preminente il gruppo Del Vecchio (20%) e Caltagirone (10%).
Il terzo polo bancario, quello che verrebbe a realizzarsi intorno all’asse Mps-Mediobanca, potrebbe dunque avere una doppia personalità: di mercato per la possibilità di creare valore dall’integrazione delle attività dei due contraenti e politica per la capacità rafforzata che avrebbe l’Esecutivo nell’agire come azionista oltre che come detentore della golden share quando dovesse ravvisare che accanto agli affari entri in ballo l’interesse nazionale.
A questo punto potrebbe risultare più semplice che vada in porto il matrimonio tra Unicredit (che fatica ad avanzare nella campagna di Germania per la conquista di Commerzbank) e Banco Bpm a sua volta deciso a rilevare Anima, leader nella gestione del risparmio, attraverso un’Offerta pubblica di acquisto che sembrava cosa fatta prima che si scatenassero gli appetiti di Unicredit e che si desse il via al valzer bancario che adesso si balla.
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