Agosto, come inesorabilmente succede tutti gli anni, del resto, è finito e questo è il segnale principale che per la maggior parte degli italiani le vacanze sono terminate e si torna al lavoro (almeno per chi ce l’ha). E così è anche per il governo che ha già cominciato le grandi manovre per mettere in pista il documento di bilancio per il 2025. Naturale quindi che lo sport del momento, oltre al calcio che fa già sentire il rombo dei suoi motori, sia quello di tirare la giacchetta del ministro di turno (Giorgetti nella fattispecie) per fargli inserire nel corposo (immagino) documento che sta predisponendo un po’ di risorse per questo, per quello, e per quell’altro (progetto naturalmente, non persone).
C’è chi è già partito molto in anticipo e con larghe pretese (Movimento 5 stelle: 8% del PIL per la sanità; Partito Democratico: 7,5% del PIL) oppure chi si è mosso sempre in anticipo ma con pretese minori seppur sempre abbastanza larghe (Ministro della salute Schillaci: 7% del PIL) o più modeste (Zaia: 2 miliardi di euro), e me lo vedo il povero ministro Giorgetti, col suo ciuffo sempre più bianco, barcamenarsi tra gli uni e gli altri garantendo a tutti il suo interessamento ma guardandosi bene dal promettere qualcosa a chicchessia, sicuro che soldi ce ne sono pochi e sarà comunque dura far quadrare il cerchio.
Non siamo ricchi a sufficienza, come paese, da permetterci di dedicare alla sanità le risorse che ci mettono il Lussemburgo, la Svizzera o la Germania: non illudiamoci. D’altra parte, nessuno di quelli che hanno reclamato un aumento sostanziale degli investimenti in sanità ha saputo indicare dove trovare queste reclamate risorse. E se vogliamo completare il quadro ci sono ancora parecchie risorse del Pnrr che non sono state mobilitate o spese. In questo contesto faccio fatica ad ipotizzare una sostanziosa iniezione di risorse in sanità: ci sarà sicuramente una forte contrapposizione tra maggioranza ed opposizione, una lotta verbale molto aspra nei toni ciascuno in difesa delle proprie pretese e/o scelte, ma mi sembra molto probabile il nulla di fatto, o al più qualche spicciolo aggiuntivo per la sanità.
Si vuole forse dire che le risorse messe in sanità sono sufficienti? Certamente no, ma il dibattito che avrà luogo tra le parti, sindacati compresi, a giudicare dai prodromi risulterà ricco solo di contrapposizioni ideologiche, dove ciascuno dirà che l’altro sta affossando il servizio sanitario (e dove qualcuno aggiungerà “quello pubblico a favore di quello privato”) e dove l’esclusiva focalizzazione sul finanziamento metterà la sordina alle vere questioni che affliggono il Ssn. E’ la falsa idea che con qualche risorsa economica in più (e magari anche più di “qualche”) si riesca ad aggiustare un servizio sanitario ormai vecchio e pensato per un’altra epoca sanitaria e che oggi fa acqua da tutte le parti, che certamente ha bisogno di più risorse (come dimostrano i provvedimenti attualmente fermi perché non si sa come finanziarli) e di spendere e usare meglio quelle che ha, ma soprattutto che per la sua sostenibilità e per la realizzazione dei suoi obiettivi necessita di un percorso non solo di riforma ma addirittura di rifondazione che rimetta mano ad un ripensamento dei principi di base su cui è costruito (universalismo, uguaglianza, equità), di passare dalla logica della prestazione a quella della presa in carico, di accettare le nuove sfide poste dalla transizione demografica (pochi giovani, molti anziani) e dalla presenza di multicronicità, di dar corso all’imperativo costituzionale di garantire davvero cure (ed assistenza) gratuite agli indigenti, di superare una visione strettamente sanitaria per aprirsi ad una più sociosanitaria (come spinge la necessità di far fronte ai nuovi bisogni dei soggetti più anziani e fragili), di sviluppare (anche sullo stimolo del Pnrr) adeguatamente l’assistenza territoriale, anche per alleggerire i pronto soccorso di molti accessi inadeguati, di ridurre il peso della medicina difensiva, e anche di “prendersi cura di chi cura” (medici, infermieri, …) sia con percorsi adeguati di formazione e soddisfazione economica, ma anche rendendo di nuovo attrattivo il comparto sanitario per le nuove leve che si affacciano (sempre di meno, per altro) sul mercato del lavoro.
Molti provvedimenti già adottati sono ancora incompleti perché mancano di risorse (decreto liste di attesa, piano nazionale della cronicità, decreto tariffe ambulatoriali per i nuovi – si fa per dire visto che parliamo di atti del 2017 – LEA, …), e quindi le risorse in più servono; altre attività già previste presentano ostacoli maggiori (vedi il funzionamento reale delle case di comunità una volta rimesse a nuovo le mura degli edifici).
Niente da dire quindi che, visto il periodo e la necessità di definire la manovra di bilancio, ci sia un accento sulla questione delle risorse, ma il dibattito (al di là delle naturali contrapposizioni dialettiche tra maggioranza ed opposizione) va condotto nella convinzione che le poche (o tante, secondo i punti di vista) risorse che saranno messe in sanità non risolveranno nessuna delle questioni di sostanza che sono state elencate perché tali questioni richiedono innanzitutto una nuova ripartenza, una rifondazione del Ssn e non appena qualche risorsa in più.
Non solo, ma se anche convincessimo qualche lungimirante e generoso multimiliardario a farci dono dei 40-50 miliardi di euro che si stimano oggi essere estratti direttamente (ed aggiuntivamente rispetto alle tasse) dalle tasche dei cittadini e non dello Stato, oppure trovassimo (con la creatività che contraddistingue il popolo nostrano) quei miliardi che ci porterebbero alla quota di PIL dei paesi che più spendono in sanità, avremmo solo creato la falsa illusione di un Ssn con le risorse a posto ma avremmo definitivamente accantonato e non risolto la questione fondamentale di oggi, e cioè la necessità di una rifondazione di un Ssn che mostra chiaramente tutti i segni negativi dell’età che ha.
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