Se cito la parola “oasi” credo che negli occhi di tutti si materializzino le immagini del deserto, della sabbia, delle dune. Ed in mezzo a questo ambiente di sogno, ma così ostile, il comparire improvviso ed inaspettato di un laghetto, di uno specchio d’acqua e di un po’ di palme, luogo di riposo e refrigerio (se non è una allucinazione) per chi quotidianamente frequenta queste lande desolate e per chi decide invece di trascorrervi qualche momento come coraggioso turista alla ricerca di sensazioni uniche.
Ma se cito la parola “OASI” in queste colonne non è perché desidero, dato il periodo di freddo e gelo che sta caratterizzando le nostre giornate lombarde, andare (almeno con la mente) altrove (e al caldo), bensì perché ho letto il nuovo volume pubblicato dall’Osservatorio sulle Aziende e sul Sistema sanitario Italiano (OASI 2024, appunto) e mi sembra utile darne brevemente conto soprattutto per coloro che non sono avvezzi/e alla lettura di queste (molto) corpose pubblicazioni (poco meno di 700 pagine in questo caso), non facendo il riassunto del volume ma cercando di cogliere i principali messaggi che l’Osservatorio del CERGAS della Bocconi di Milano manda al nostro servizio sanitario.
In un contesto generale, dice OASI, dove il nostro Paese ha “da lungo tempo, preferito un sistema pensionistico generoso, bonus edilizi e una crescente enfasi sulla riduzione del cuneo fiscale all’incremento del fondo sanitario” l’Osservatorio identifica innanzitutto quattro criticità per il SSN.
Prima criticità. La demografia e ciò che ne consegue. Siamo un Paese molto vecchio e da ciò OASI deduce da una parte che “crescono i bisogni sanitari dei cittadini” (soprattutto per via dell’aumento dei soggetti cronici e non autosufficienti) e dall’altra che è “difficile, se non impossibile, aumentare significativamente la spesa sanitaria pubblica”. Quindi ci troviamo ad affrontare con meno risorse una popolazione che ha più bisogni.
Seconda criticità. In un Paese con meno risorse e più bisogni “occorre definire e selezionare le priorità”, anche se questo mette ovviamente in discussione il principio universalistico su cui è costruito il SSN. Le priorità “possono riguardare aree di patologia, setting assistenziali, cluster di popolazione per reddito o livello di istruzione, portafogli di tecnologie da includere nel contenuto dei servizi garantiti dal SSN”. Se non è attivo “alcun processo consapevole di selezione delle priorità” ne consegue che “queste ultime emergono casualmente” e vengono operate “delle prioritarizzazioni implicite e casuali, che difficilmente massimizzano il beneficio sociale”.
Terza criticità. “Sia confrontando diverse Regioni che paragonando distinti territori di una stessa Regione, registriamo sempre differenze ampie nei volumi pro-capite senza alcuna correlazione significativa con il quadro della domanda potenziale e dei bisogni”, e questa eterogeneità porta ad uno sbilanciamento di attenzione verso la produzione anziché verso il governo della domanda.
Quarta criticità. OASI registra una distanza tra attività prescritte ed attività erogate, con un aumento delle prescrizioni ed una contemporanea diminuzione delle prestazioni erogate, con ovvie conseguenze sia sulle liste di attesa (in termini di aumento della pressione) che sulla migrazione di attività verso il pubblico (intramoenia) e verso il privato a pagamento.
Per rispondere a queste criticità OASI suggerisce di “adottare quattro prospettive di policy e management”, di cui “probabilmente, le prime tre prospettive rimangono prevalentemente nel raggio di azione del policymaker nazionale e/o regionale, mentre la quarta rappresenta una leva pienamente azionabile da parte del management”.
Prospettiva n. 1. Governare le aspettative. “Il servizio pubblico dovrebbe esplicitare cosa è in grado di coprire e cosa no, allineando le aspettative dei cittadini a quella che è la realtà dei fatti”, il che implica sia un ripensamento dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), che secondo OASI si sono “rivelati inadeguati allo scopo”, che del principio universalistico ad essi associato, sia una definizione esplicita delle priorità cui il SSN intende dare privilegio.
Prospettiva n. 2. Efficienza impopolare. Il SSN da molti anni sta procedendo su un cammino di efficientamento e si può dire che siano stati colti, dice OASI, i “frutti bassi”, per cui “se si vuole proseguire sull’efficienza bisogna prendere la scala verso i rami alti dell’albero, dove le scelte sono politicamente costose perché impopolari”. Fuor di metafora (e da qui il giudizio di impopolarità della proposta), la prospettiva è quella di un ripensamento sul ruolo dei piccoli ospedali (almeno 100 secondo OASI), per la maggioranza dei quali si ritiene ragionevole riorientare i loro servizi sul versante territoriale.
Prospettiva n. 3. Aumentare le risorse per il SSN. Ritenendo che “è poco plausibile economicamente e politicamente introdurre ulteriori prelievi dalle aree geografiche e dalle fasce sociali che già molto sostengono il welfare”, OASI si chiede se sia possibile “articolare un sistema di più ridotte ma più capillari compartecipazioni che riequilibri i contributi forniti e i benefici ottenuti tra cittadini pazienti e SSN”, considerando che dal punto di vista numerico sarebbero almeno 40 i miliardi necessari per portare il SSN italiano al livello dei Paesi europei con i quali usualmente ci si confronta.
Prospettiva n. 4. Rivoluzionare i servizi: geografia, format, competenze e metriche. Si fa qui riferimento: ad “un sistema ospedaliero molto asciugato ed accentrato”, con “équipe mediche itineranti” e “ampia diffusione di servizi specialistici da remoto”; ad “una trasformazione delle competenze professionali necessarie”; alla introduzione di indicatori che misurino diversi aspetti del SSN (l’appropriatezza dei livelli prescrittivi, l’equità allocativa, il reclutamento dei cronici e l’aderenza alle terapie, la qualità percepita, gli esiti di salute, …).
Ciò premesso, mi astengo dal fare le pulci al rapporto producendo, come ha già fatto qualche commentatore, un elenco di ciò che c’è e, soprattutto, di quello che manca nel rapporto degli esperti della Bocconi, anche perché è noto che OASI (come indica il nome esteso dell’acronimo) parla alle aziende e quindi è comprensibile l’enfasi su alcune criticità e sulle relative prospettive.
In termini generali le criticità segnalate dal rapporto rappresentano effettivamente dei problemi per il nostro SSN ed è quindi meritevole di attenzione il tentativo di dettagliarli, di discuterli e di presentare dei percorsi di soluzione, seppure sotto forma di prospettive che ovviamente devono essere approfondite e messe a terra attraverso specifiche proposte operative. A proposito di questo elenco di criticità la domanda che sorge spontanea è se queste sono le problematiche più rilevanti: esistono infatti molte altre narrazioni su cosa funziona o non funziona nel nostro SSN e sulle soluzioni proposte, a partire dai rapporti periodici di diversi osservatori sistematici (GIMBE, Osservasalute, CENSIS, Crea sanità, solo per nominarne alcuni), dai documenti di gruppi di scienziati o gruppi di società scientifiche, dalla visione diretta dei cittadini (Cittadinanzattiva), o dai contributi di tanti singoli commentatori che si esprimono attraverso la stampa quotidiana o periodica che si occupa di sanità. Ed anche chi segue queste colonne ha avuto tante occasioni per leggere analisi e proposte di intervento per riformare il nostro SSN: queste narrazioni identificano alcuni elementi comuni (le criticità demografiche ed il problema del finanziamento, ad esempio) ma lasciano lo spazio anche a letture molto diverse, con prospettive persino opposte (valga per tutte l’esempio del ruolo che viene assegnato al privato accreditato: da ampliare per alcuni, da eliminare per altri).
Per riprendere la metafora introduttiva si potrebbe dire che il passaggio da “oasi” ad “OASI” rappresenta un po’ la differenza che c’è tra il sogno (“oasi”) che ciascuno ha del SSN e la pratica (“OASI”) di un SSN reale.
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