Grazia Gagliardi, la guida turistica che denunciò abusi e molestie sessuali sul luogo di lavoro da parte del capo di Napoli Sotterranea, racconta la sua storia al programma Sopravvissute. La trasmissione ripercorrerà le tappe della vicenda dalla denuncia agli ultimi risvolti giudiziari, arrivati proprio con la condanna a un anno e otto mesi per Vincenzo Albertini, ritenuto responsabile di violenza sessuale nei confronti di Grazia Gagliardi, 36enne, che all’epoca dei fatti era accompagnatrice turistica nel sito archeologico.
Grazia, aveva già riferito quanto accaduto a numerosi quotidiani in occasione della notizia che fece scalpore, anche per il particolare contesto, non inusuale, delle molestie ricevute da parte di un superiore che poi tenta di utilizzare la sua posizione per dichiararsi innocente e sminuire gli abusi. Nel 2020 Grazia Gagliardi rilasciò una lunga intervista a Fanpage, nella quale disse che oltre al danno subito con la violenza, aveva perso anche il posto di lavoro, mentre l’imputato nonostante la colpevolezza non fu subito rimosso dall’incarico.
Grazia Gagliardi, chi è la guida turistica violentata dal capo di Napoli Sotterranea: condannato il presidente del sito archeologico Vincenzo Albertini
La guida turistica di Napoli Sotterranea, Grazia Gagliardi, che denunciò una violenza sessuale da parte del suo capo Vincenzo Albertini, patron del sito archeologico, in occasione della condanna definitiva per quanto accaduto si dichiarò soddisfatta ma anche amareggiata. La sentenza infatti ha ridotto la pena da 7 anni ad uno per gli abusi, con la motivazione attenuante che il rapporto non fu completo. Il reato infatti venne giudicato come “Di lieve entità” provocando anche la rabbia del suo avvocato che commentò la decisione come “Un fatto grave, poiché non può essere stabilito un confine nella violenza“. La stessa vittima Grazia Gagliardi confermò di aver perso la serenità dopo quanto accaduto e di non averla ritrovata neanche con la condanna.
Anche perché, some sottolineò in una intervista a Fanpage: “Io ho perso molte cose, oltre alla serenità anche il lavoro, ho perso quello che facevo e per me non è ancora finita”. Gli avvocati di Albertini cercarono di provare nel corso del processo l’estraneità del loro assistito, tuttavia anche la Corte d’Appello confermò la decisione iniziale di primo grado, credendo alla versione della collaboratrice e ritenendo convincente la dichiarazione della parte offesa. Una vittoria che fu acclamata anche da un presidio di fronte al Tribunale che si era riunito in difesa dei diritti dei lavoratori sottoposti a molestie e violenze, che troppo spesso vengono sottovalutate dalla giustizia .