Che cosa suggerisce un Giubileo dedicato alla virtù della speranza? Tutti in certa misura sperano. L’uomo ha bisogno di sperare perché egli è costitutivamente desiderio aperto all’infinito grazie all’apertura della ragione all’essere. La speranza, in quanto emozione umana, s’identifica con il desiderio che affronta gli ostacoli della vita. Questo è un pregio dell’essere umano, ma anche un suo limite, perché egli può talora sperare in oggetti inadeguati rispetto all’ampiezza del suo desiderio e quindi sperimentare il male, la delusione e il fallimento. Si spera ragionevolmente soltanto se ci sono motivi adeguati nel presente per sperare. Allora la speranza diventa una virtù.
Per il cristiano il tema dell’Anno Santo richiama il fatto che l’oggetto e il fondamento ragionevole della speranza è soltanto Dio. Per questo la speranza non può confondere. Spes non confundit è – non a caso – il titolo della bolla d’indizione del Giubileo. Soltanto l’infinito, Dio, è in grado di colmare la profondità e l’ampiezza del desiderio dell’uomo e di garantire il suo compimento.
Nella Bolla il papa collega in maniera significativa la speranza alla virtù della pazienza che oggi nell’epoca di internet è una virtù dimenticata. La pazienza non è il mero lasciar correre. Per Tommaso d’Aquino essa fa parte integrante della virtù della fortezza, una delle quattro virtù cardinali. Come osserva Rainer Maria Rilke in una bella poesia che connette speranza a pazienza:
Non è il caso, qui, di competere con il tempo,
qui un anno non ha alcuna importanza,
e dieci anni sono un nulla;
maturare come l’albero, che non fa violenza alle proprie linfe
e sta ritto nelle tempeste della primavera, fiducioso,
senza il terrore che l’estate, alla fine, non riesca ad arrivare.
Arriva, nonostante tutto.
Ma arriva soltanto per coloro che sono pazienti,
che stanno là come se l’eternità si estendesse di fronte a loro,
così lievemente quieti e vasti.
Lo imparo ogni giorno,
lo imparo tra le sofferenze, alle quali sono grato:
pazienza è tutto!” (Lettera a un giovane poeta).
La speranza cristiana, pur avendo soltanto Dio come oggetto e come garante, si alimenta anche del contributo degli uomini qui ed ora: “la speranza ha di mira la beatitudine eterna come ultimo fine, e l’aiuto di Dio come causa prima che porta alla beatitudine. Perciò, come non è lecito sperare un bene diverso dalla beatitudine quale ultimo fine, ma solo quale mezzo ad essa subordinato; così non è lecito sperare in un uomo, o in altra creatura, come se si trattasse di una causa prima, capace di condurre alla beatitudine. Mentre è lecito sperare da un uomo, o da altre creature, se si considerano quali agenti secondari e strumentali, capaci di servire al conseguimento di certi beni ordinati alla beatitudine. È così che noi ci rivolgiamo ai santi, e chiediamo anche agli uomini determinate cose; ed è per questo che vengono rimproverati coloro dai quali non si può sperare un aiuto” (Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae II-II, q. 17 a. 4).
Come si osserva nella parte finale della Bolla, la grande speranza fonda anche le speranze umane di pace, di amore, di accoglienza, di un lavoro che compia. Il fatto di riporre liberamente e sinceramente la speranza in Dio proprio in quanto oggetto adeguato del desiderio non aliena l’uomo, ma lo motiva intimamente, rendendolo capace di sperare che vi sia un progresso delle condizioni umane in questa vita. Dopo la secolarizzazione e la scristianizzazione si comprende meglio il legame necessario che sussiste fra il fatto di coltivare un oggetto adeguato di speranza, in molti casi anche confusamente intuito (e non qualunque oggetto scelto in base alle circostanze e alle mode del momento storico) e la fiducia paziente e tenace nel miglioramento della vita concreta. Questo spiega come persone e comunità che hanno coltivato innanzitutto una speranza nella trascendenza e non nel progresso in quanto tale, come i benedettini, abbiano dato un significativo contributo proprio al progresso tecnologico e morale. La bellezza di tante opere d’arte che ci circondano in Italia e in Europa, frutto di paziente e tenace lavoro, lo testimonia in modo affascinante.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.