Mandare a quel paese il proprio marito, giusto per dirlo in termini educati, non è un reato. E’ questo quanto stabilito dalla corte di Cassazione, così come riferisce il Corriere della Sera, a seguito di una battaglia legale fra due ex coniugi durata ben dieci anni. Come al solito nel nostro Paese le cause hanno una durata pressochè infinita, ma alla fine si è giunti al capitolo conclusivo di questa vicenda per certi versi assurda, iniziata esattamente nel 2015, appunto dieci anni fa.
A stabilirle che mandare a quel paese il proprio ex partner non può essere considerato un reato è stata la terza sezione civile della Cassazione, dopo che un signore di 76 anni, un avvocato di Vicenza, aveva appunto deciso di denunciare la sua ex compagna in quanto, a suo modo di vedere, lei lo aveva offeso mandando a “farsi benedire” quasi dieci anni prima.
MANDARE A QUEL PAESE IL MARITO NON È REATO: I FATTI
La “sfuriata” della donna era tra l’altro giustificata, visto che lei aveva trovato il partner al tavolo con un’amica, una visione che aveva appunto fatto andare su tutte le furie la consorte, che l’aveva bellamente apostrofato senza pensarci due volte, una reazione che quasi ogni donna avrebbe del resto avuto. Il quotidiano di via Solferino ricorda come l’episodio risalga al 16 marzo del 2025, quando la moglie, dopo essere tornata a casa, aveva appunto trovato il marito con un’amica, e vedendo la scena la stessa donna avrebbe proferito la frase «vai a ca…e», così come si legge nell’ordinanza.
L’uomo, sentendo quelle parole, si sarebbe sentito leso «dell’onore e della reputazione». La coppia, come specifica ancora il Corriere della Sera, stava attraversando un periodo di crisi, e dopo quella vicenda lui aveva deciso di rivolgersi al giudice di pace di Bassano, senza però ottenere alcun risultato. Aveva quindi presentato ricorso presso il tribunale di Vicenza, ma anche in questo caso la vicenda era stata rimandata al mittente in quanto il fatto non sussisteva.
MANDARE A QUEL PAESE IL MARITO NON È REATO: COSA SI È DECISO
Niente da fare per i giudici di Vicenza, che hanno definito l’offesa presunta ricevuta dall’uomo scarsa, e giustificata in quanto la donna avrebbe appunto sorpreso il marito con un’altra, quindi detta durante uno scatto d’ira che viene compreso. Infine, il matrimonio fra i due stava attraversando una profonda crisi, sfociata poi con il divorzio, visto che il 76enne avvocato aveva delle relazioni con altre donne, come precisa ancora il giudice.
Il tribunale esclude quindi che l’uomo possa aver patito una sofferenza interiore, anche perchè, scrive ancora il giudice, lo stesso avvocato 76enne era solito usare un linguaggio ben più colorito durante il rapporto di coppia. Infine, la frase non comportava alcun risarcimento monetario in quanto era stata proferita a seguito di uno stato d’ira causato da “un fatto ingiusto altrui”, appunto la presenza del marito a tavola con un’altra donna. L’avvocato si è quindi rivolto alla Suprema Corte che ha confermato quanto già espresso dal tribunale di Vicenza, stabilendo che il mandare a quel paese non rappresenta un reato.