Nel conosciamo l’esito della riforma pensioni 2025 e dei pochi cambiamenti che sono stati introdotti per la poca disponibilità finanziaria. Rispetto alle promesse in campagna elettorale (Quota 41, abrogazione della Fornero e assegni minimi a 1.000€) non è stato rispettato niente di tutto ciò.
Le pensioni minime hanno toccato i 617,67€ mensili e la riforma Fornero è rimasta invariata (proprio come quando è stata varata per la prima volta nel 2011). Con l’andamento attuale però, è difficile pensare che l’età pensionabile possa restare “bassa”.
La riforma pensioni attuale nel futuro
La riforma pensioni attuale prevede la possibilità di uscire dal lavoro in modo anticipato a 64 anni d’età grazie alla possibilità di poter cumulare i contributi ricavati dai fonti integrativi. In alternativa sarebbe realmente complesso – specialmente per le nuove generazioni – poter soddisfare i requisiti attuali.
A confermare le difficoltà odierne è Francesco Maria Chelli, presidente Istat, che nel Piano Strutturale di Bilancio ha messo in evidenza le differenze generazionali tra le vecchie e le nuove, appurando lo squilibrio e le reali difficoltà a causa del precariato odierno.
Il problema sottolineato dal Presidente Chelli si ripercuote sul futuro previdenziale: sarà inevitabile che l’età pensionabile aumenti nel tempo, così come è evidente che il nostro Paese sarà composto da più pensionati che lavoratori.
In pensione a 69 anni e 6 mesi
Le prospettive attuali della riforma pensioni 2025 fanno credere che tra 26 anni circa, l’età pensionabile possa arrivare a 69 anni e 6 mesi d’età. Il motivo è legato al sistema di perequazione attuale, che si basa sulle aspettative di vita (aggiornate ogni biennio).
E proprio recentemente il sindacato Cgil ha accusato l’INPS di non essere stata chiara e di non aver informato adeguatamente i cittadini italiani sul possibile aumento dei requisiti (a 67 anni e 3 mesi) già previsti tra due anni.
I problemi italiani
Nonostante ogni Paese ha le sue criticità, l’Italia ha diversi punti decisamente gravi su cui dovrebbe lavorare per un futuro migliore. Oltre alle mancanze e all’assenza di una riforma pensioni strutturale, esistono altri quattro punti da dover analizzare e su cui intervenire.
Il primo problema problema che poi si riflette sulle pensioni è la denatalità. In Italia (come in Spagna) i tassi delle nascite sono troppo bassi. Soltanto tra il mese di gennaio e luglio del 2024 le nascite hanno registrato un calo di 4.600.
Un altro problema è l’invecchiamento del popolo, che tra 10 anni sarà ancora più evidente, dato che secondo l’INPS un italiano su tre potrebbe andare in pensione e ci ritroveremmo con più pensionati che lavoratori.
Non vanno tralasciate le baby pensioni, gli assegni precoci – che oggi gravano sui conti dell’Erario – che vennero proposti molti anni fa in cambio di “voti elettorali”.
Infine la piaga del lavoro in nero, un sistema che grava sui lavoratori non permettendo di poter cumulare i contributi necessari per andare in pensione.