Leggiamo poco, noi italiani. Tuttavia negli ultimi tempi le statistiche registravano un minirialzo, nel 2023, di chi legge – o prova a leggere – almeno un libro nell’arco di dodici mesi. Misero dato, in verità, ma tale da strappare qualche applauso, subito però ammosciato da una indagine Ocse, in base alla quale un adulto italiano su tre fatica a capire un testo scritto.
Naturalmente c’è chi vive questa “ignoranza” del tutto felicemente, senza farsi domande e in totale indifferenza. Ma, pochi o tanti che siano gli amanti del leggere, sappiamo che è un di meno non far parte dei “bookanieri”, i cacciatori di libri (l’espressione “bookanieri” è felicemente usata da Matthew Pearl, nel suo L’ultimo cacciatore di libri, un’avventura “ladresca”, dove il protagonista, una sorta di Arsenio Lupin a caccia di opere prime ancora non pubblicate, viaggia alla volta delle isole Samoa per sottrarre a Robert Louis Stevenson l’ultima sua creazione).
Un libro – scritto o ascoltato – è uno straordinario moltiplicatore di esperienza e umanità. E di avventure. Che fare dunque per vincere l’italica indifferenza alla parola scritta? Qualcuno incolpa la scuola. Altri il mondo dei mass media. Qualunque siano le cause, abbiamo provato a investigare e interrogare – tutelandone la privacy – alcuni lettori-seriali per cercare inneschi e talismani letterari. O semplici espedienti. Son pochi, invero, questi “bookanieri”, ma si deve probabilmente a costoro se la media nazionale dei non-lettori non solo non è peggiorata, anzi pare migliorata.
MDS, ad esempio, giurista e fiscalista per guadagnarsi il pane, lettore quasi patologico per pura passione, divora da decenni libri su libri. A volte uno al giorno, dicono le leggende metropolitane, normalmente uno o più a settimana. Alcuni considerano MDS in assoluto uno dei più voraci lettori di libri di tutta l’area padana. La sua casa, modesta, è letteralmente foderata di libri. Non sa più dove alloggiarli. Se ne avesse i mezzi e le possibilità, probabilmente farebbe come fece anni fa Giuseppe Pontiggia, grandissimo scrittore. L’autore di Nati due volte prese un appartamento intero sopra il suo, per poterlo stipare di tutti i suoi innumerevoli libri. Era anche orgoglioso di un suo metodo per collocarli e ritrovarli. Una ragazza che sperimentava la vendita porta-a-porta di libri e collane bussò alla sua porta, ignorando che lui fosse un autore tra quelli che doveva “vendere”. Lui le aprì l’appartamento-giacimento di libri e lei quasi svenne. È ignoto quale sia stato il futuro lavorativo di quella ragazza.
Il nostro MDS non è arrivato a tanto, per mancanza di mezzi e spazio; tuttavia, è entrato ora in una fase particolare del suo lungo cammino di lettore seriale, che val la pena suggerire a tutti: è diventato un “ri-lettore”. Ama da un po’ di tempo riprendere testi importanti che l’hanno appassionato casomai anche 40 e 50 anni fa. Non suggerisce agli amici novità letterarie, ripropone grandi classici o testi meno noti però assolutamente meritevoli di non sparire dalla circolazione o dalla sua memoria. Se tutti facessero come MDS la catena generazionale della trasmissione del sapere non sarebbe così logora.
Peraltro, un’osservazione di GL, ottima lettrice, umanista appassionata di storia e praticamente una millennial sul piano anagrafico, consente di aggiungere altre considerazioni. “Mi sono accorta – diceva poco tempo fa a un boomer lettore-seriale, VG – che spesso non ricordo più bene quel che ho letto anche non molto tempo fa”.
Quel boomer – peraltro amico e inseguitore, in competizione senza successo, dell’iperlettore MDS – ha replicato con un suo suggerimento pratico, forse generalizzabile: tenere sempre una nota, se non un diario, di quel che si è letto. Annotare almeno i titoli e una qualche valutazione, un voto, se non una nota critica riassuntiva. Bastano pochi appunti, su un quadernetto. VG s’è ritrovato obbligato a quest’esercizio di memoria letteraria anche per via del fatto che non sapeva più dove mettere libri in casa. Pur soffrendo poi per la mancanza del possesso di quei testi, da decenni utilizza sistematicamente i libri in prestito dalle numerose biblioteche pubbliche esistenti, altro patrimonio da proteggere. Da qui la pratica dell’annotare i libri letti, per non scordarli e poterli riproporre ad amici.
VG aveva del resto ben presente quel che gli disse personalmente, anni fa, il cardinal Giacomo Biffi, altro grande lettore: aveva scritto Memorie e digressioni di un italiano cardinale perché si era accorto di cominciare a perdere la memoria. Nessuno vuole finire nel dimenticatoio del nulla. Né un principe della Chiesa, né un semplice italiano.
Tracciare quel che si è letto è lo stesso esercizio di non disperdere nel nulla gli incontri che hanno punteggiato la vita. Fa parte del nobile tentativo di tenere annodati o connessi i mille fili di una esistenza, anche quando centinaia di questi fili possono essersi spezzati o logorati. Del resto è sempre più diffusa, casomai a proprie spese e senza problemi di editoria e diffusione, la pratica privata di pubblicare autobiografie o biografie domestiche, storie di famiglia e di lavoro. Foss’anche solo per fare preziosi regali, come praticato in quest’ultimo Natale da un’insegnante bolognese con non lontane radici venete, BM. In area padana abbiamo campionato numerosissimi di questi esempi, diverse decine, alcuni di interessante valore letterario oltre che storico e sociologico.
Da quasi 30 anni un paio di amici, con radici ambrosiane in un caso, ed emiliano-felsinee nell’altro, regalano periodicamente ad alcune centinaia di amici decine e decine di meravigliose e verificate citazioni letterarie come altrettanti “consigli di lettura”. È il loro modo di condividere passioni, domande, gusti, intuizioni a sostegno della vita. Grazie a questa “politica letteraria” del regalo-citazione, una moglie con un pur vasto curriculum culturale, LE, si è appassionata in non più giovanissima età di Gilbert Keith Chesterton, a cominciare alla sua meravigliosa biografia di san Francesco.
I segni del tempo restano comunque incerti o contradditori per il futuro dei “bookanieri”. Ad esempio, come ha sperimentato in anni recenti BL, è diventato molto più difficile conferire a biblioteche e archivi, o anche alle scuole, le proprie biblioteche, quando si debbano svuotare case o gestire eredità e lasciti. Anche una gloriosa Treccani – decenni fa preziosissima per qualsiasi studente – è ora molto difficile da collocare. Per fortuna BL sembra aver trovato un immobiliarista convinto che un po’ di libri siano utili per arredare e dare pregio ad appartamenti da vendere. Sappiamo che molte di queste difficoltà, per la vita delle enciclopedie, dipende dall’avvento del mondo digitale, che pure è un’opportunità per chi ami i libri.
La pratica che si va diffondendo in boschi, parchi, ospedali e vie cittadine del cosiddetto bookcrossing, la libera condivisione di libri, può essere buona cosa anche se un’esplorazione sommaria, comunque pluriennale, di questi “totem” sembra trovarci dentro testi in genere di modesto valore.
Chi vivrà vedrà, disse qualcuno. Un libro, in ogni caso, è un modo per vedere più in profondità e più lontano, dentro sé e fuori di sé. E forse anche per accumulare antidoti esistenziali contro la disperazione, sempreché si abbiano buoni lettori seriali come amici consiglieri.
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