Disney+ ha di recente arricchito il suo catalogo di documentari dedicati alle grandi band e agli eventi musicali che hanno segnato la storia del pop mondiale. Argomento di grande attualità, valga per tutti il successo del film della Netflix sulla nascita di We Are the World del 1985, la canzone scritta e interpretata da Lionel Richie e Michael Jackson e registrata in una notte con altri 45 musicisti, ancora oggi una dei brani più ascoltati e venduti nella storia della musica.
Oggi vi segnalo il commovente docufilm sui The Beach Boys, realizzato da Frank Marshall in collaborazione con Thom Zhimny e disponibile dal 24 maggio. Come sempre quando si raccontano le vicende di una grande gruppo musicale – l’ascesa, la caduta e poi la risalita, un storia lunga 60 anni – si scrive una pagina che va ben oltre la musica. Del resto sappiamo bene che gli anni ’60 e ’70 hanno lasciato un segno indelebile sulla cultura, gli stili di vita, le aspirazioni delle nuove generazioni di ogni angolo del mondo.
Ovviamente quei giovani oggi sono, nei migliori dei casi, degli ottantenni più o meno in salute. E la prima vera novità del documentario è proprio quella di essere riusciti a riunire i membri della band ancora vivi in un locale su una spiaggia californiana, davanti allo stesso mare che ha ispirato tanti loro successi e contribuito a fondare la Surf Music. Considerate le polemiche e i conflitti giudiziari che hanno coinvolto il gruppo non è un risultato di poco conto. Aneddoti e ricostruzioni hanno a quel punto trovato nel film – con molti video inediti – la forma giusta per dare inizio a un racconto sincero e a tratti struggente da parte degli stessi protagonisti.
The Beach Boys è una band “familiare” nel senso letterale del termine. I tre fratelli Wilson e i loro amici, tutti dello stesso quartiere di Newport Beach, piccola città a sud di Los Angeles, si divertono a cantare a cappella e a ripetere i successi dei “vocalisti” del momento, scoprendo l’armonia del canto. Poi incominciano a suonare grazie al padre manager e ai soldi prestati dalla mamma di Al Jardine. Sembra una favola e invece è la pura verità. E poi sullo sfondo il “sogno californiano”. Il mare, la bella stagione, le ragazze in bikini e il surf. Pochi elementi, ma che ben presto diventano per milioni di giovani una nuova frontiera da raggiungere, il divertimento. L’America libera e felice, che sogno il successo e la felicità.
Siamo pochi anni prima dell’inizio della guerra nel Vietnam, delle contestazioni del ’68, del riesplodere dei conflitti razziali, della Guerra fredda. La spensieratezza è la cifra dei loro successi, la ragione che spinge migliaia di giovani ad andare ai loro concerti. Le cose accadono talmente velocemente che alcuni di loro non reggono allo stress e preferiscono rimanere a casa a scrivere canzoni, mentre il resto della band è permanentemente in tournée.
Le difficoltà iniziano dopo pochi anni, quando nel ’66 dall’Europa sbarcano negli Stati Uniti i Beatles , un gruppo inglese con le loro stesse caratteristiche ma decisamente più al passo con i tempi che cambiano. Anche i The Beach Boys – che sentono la competizione – pensano di dover adeguarsi alle novità e affrontare il gruppo di Liverpool creando una nuova musica. Ma il pubblico, insieme alla casa discografica e al padre-padrone che mette becco sulle loro scelte editoriali, decreta ben presto la crisi. Il gruppo si spegne, produce dischi che nessuno vuole pubblicare, il loro mentore Brian Wilson, il genio che crea la musica e i testi, si chiude in se stesso sfiorando la pazzia per colpa delle droghe che non smette di assumere.
Come poi è accaduto spesso a molti musicisti di successo degli anni ’60, la pubblicazione dieci anni dopo di una raccolta con i principali successi ne provoca la riscoperta da parte di generazioni più giovani, determinando negli anni ’80 e ’90 un nuovo periodo di successi e di grandi concerti a cui assistono centinaia di migliaia di persone. Peccato che nel frattempo il padre si era venduto i diritti sull’intero catalogo del gruppo, svendendo così un patrimonio che fino a oggi ha fruttato oltre 250 milioni di dollari per qualche spicciolo. La vicenda peserà sui rapporti tra la famiglia Wilson e gli altri membri del gruppo, che finiscono a litigare per soldi e sulla strategia commerciale, fino a quando gli autori del film non sono riusciti a farli incontrare, intorno a una birra.
È la parte più toccante del film The Beach Boys: li ritroviamo così, ormai vecchi, spesso commossi, forse poveri, ma comunque felici della loro vita e di quello che essa ha dato loro.
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