Chi ama la montagna la vuole con una forza che trovo solo nell’amore. Amiamo i silenzi della montagna, i colori, l’alternarsi armonico delle stagioni, le creste innevate e gli appigli di dolomia scaldati dal sole estivo. Alcuni di noi ne sono letteralmente stregati: in qualche modo ci ha preso dal di dentro e ha acceso una smania che ci fa tornare a lei. La vogliamo come lei ci vuole, la viviamo appena possibile e la pensiamo spessissimo e naturalmente ci manca se la trascuriamo, proprio come chi è innamorato e non può, nemmeno volendo, distogliere quel grumo di passione che acceso da ragazzino non si stempera con gli anni.
Vale la pena chiedersi cosa rende possibile non solo l’accendersi, ma il perdurare di questo sentimento, che certo è fatto di passione, ma è ben altro se attira alcuni – non pochi per la verità – con un magnetismo potente. Qual è la sua forza?
Di fronte ad un’attrattiva di evidente natura amorosa ci sono molti modi per rispondere e sono belli i due tentativi, diversissimi tra loro, di due buone letture recenti: il primo è di uno degli alpinisti di punta di quest’ultimo decennio, Matteo Della Bordella con il suo La vetta della vita (Rizzoli, 2024) e il secondo è di Marta Aidala, La Strangera (Guanda, 2024).
Se per Matteo, che per amore – perché i grandi amori ci chiedono dedizione esclusiva – ha lasciato una brillante carriera da ingegnere, il modo di inseguire il linguaggio di questa fascinazione estrema è stato farne il mestiere della vita risalendo le vie più difficili del mondo in forme moderne, per Marta Aidala lo stesso amore si è dipanato in scelte altrettanto forti, lasciando la città, l’università ed un certo tipo di vita agevole, per andare a lavorare per qualche stagione in un rifugio. Accompagnare Della Bordella nelle sue ascensioni in Patagonia è intenso, così come quando apre spiragli personali sulle sue scelte da giovane padre o sui dolorosi distacchi improvvisi di amici che gli muoiono sotto gli occhi (ancora e sempre all’estremo: la montagna ci attira e può arrivare a strapparci via chi amiamo, eppure non ce ne stacchiamo); con Marta ci si addentra alla scoperta della fatica del retrobottega di ogni rifugio, dove ci si consuma a preparare, poi a servire e alla fine a sistemare per chi arriva per una notte, una cena o solo per un caffè. Con Lei viviamo una montagna poco celebrata, inconsueta e preziosa, ma non meno estrema.
Quello che rende convincenti entrambi è la lealtà con cui si misurano con questo amore. arrivato in cima alla montagna delle montagne, il Cerro Torre, Matteo dice: “Ero al settimo cielo, ma non riuscivo a chiedermi quanto sarebbe durata quella felicità. Per quanto la soddisfazione per quella salita sarebbe riuscita a riempire il mio animo?”. Così come Marta: “essere giunta fin lì non mi rendeva unica. Non mi rendeva speciale. Non avevo vinto nulla, non avevo trovato niente se non cumuli di roccia”.
Uomini e donne che si lasciano dominare da un amore strano, estremo, folle, mortale delle volte, straripante di bellezza fino a togliere il fiato e che può accendere una instancabile scoperta di sé.
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