L’ANNUNCIO DELL’IRAN SULLA LIBERAZIONE DI ABEDINI: COSA SAPPIAMO FINORA
Sarebbe avvenuto tutto in poche ore la revoca dell’arresto, la liberazione e anche il ritorno in Iran dell’ingegnere Abedini: lo spiega l’ANSA, su fonti dirette della Corte d’Appello di Milano, dopo che un’improvvisa accelerazione si era avuta già dalle prime ore della mattinata. Stando a quanto ricostruito dall’agenzia italiana, l’uomo accusato di aver collaborato con il regime di Teheran per la fabbricazione di droni, è stato liberato dalla quinta Corte d’Appello milanese dopo il deposito dell’ordinanza del Ministero della Giustizia che chiedeva la revoca dell’arresto disposto il 16 dicembre scorso a Malpensa.
A quel punto, alle 9 circa, la liberazione dal carcere di Opera con l’arrivo a Teheran addirittura nel primo pomeriggio: la conferma ufficiale sarebbe poi giunta anche dall’agenzia di stampa dell’Iran, “Irna”. Abedini è stato arrestato per «un malinteso», ma poi liberato dopo «il lavoro e i negoziati del ministero degli Affari esteri della Repubblica islamica». Niente estradizione negli Stati Uniti come già si evinceva dall’epilogo della vicenda Cecilia Sala, con la liberazione da Teheran “senza colpo ferire” dopo la visita della Premier Meloni in Florida da Donald Trump. Secondo l’avvocato di Abedini Alfredo De Francesco, sentito dall’ANSA, la decisione presa dal Ministero guidato da Carlo Nordio «ci ha felicemente sorpresi», e ora il suo cliente «torna ad essere una persona libera di sperare e sorridere, aveva fiducia nella giustizia».
SVOLTA (FORSE) SUL CASO ABEDINI: IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA NORDIO CHIEDE LA REVOCA DELL’ARRESTO IN ITALIA
Al netto del “prezzo” che l’Italia potrebbe “pagare” per la liberazione di Cecilia Sala, emergono novità importanti sul caso parallelo dell’ingegnere iraniano arrestato a Milano il 16 dicembre scorso: il Ministro Carlo Nordio ha chiesto la revoca dell’arresto per Abedini Najafabadi Mohammad, come comunicato da una nota ufficiale del Ministero della Giustizia. Il successo diplomatico del Governo Meloni e dello Stato italiano nel riportare a casa la giornalista e podcaster, incarcerata ingiustamente per 20 giorni nella prigione di Evin a Teheran, è stato tale anche e soprattutto per aver “anticipato” l’eventuale prezzo da pagare in cambio all’Iran.
Si attendevano in questo senso decisioni in merito alla situazione complessa dell’ingegnere accusato di progettare componenti chiave per i droni iraniani: arrestato per il mandato internazionale disposto dagli Stati Uniti, Abedini si trova da prima di Natale nel carcere di Opera in regime di detenzione speciale in attesa della prossima udienza presso la Corte di Milano, attesa mercoledì 15 gennaio 2025. Ebbene, secondo la nota ufficializzata dal Ministro Nordio, seguendo l’articolo 2 del trattato di estradizione tra il governo USA e quello italiano, al momento non vi è possibile un trasferimento oltre Oceano in quanto non può avvenire con questo tipi di reati. Nello specifico, rileva ancora il Ministero, l’accusa di associazione a delinquere nella violazione dell’Ieepa (ovvero la legge federale americana “International emergency economic powers act”) non trova corrispondenza nell’ordinamento penale italiano, pertanto l’estradizione su questi contenuti non può avvenire come richiesto invece dal Ministero della Giustizia americana.
Anche per le altre accuse imputate ad Abedini nel mandato USA – ovvero supporto materiale a organizzazione terroristica e fornitura di sostegno materiale a organizzazione straniera – non si rivela il fondamento bastevole per far scattare l’estradizione. Sempre dal Ministero si conclude che allo stato attuale delle cose, non vi è certezza circa l’effettiva «attività di produzione e commercio con l’Iran per strumenti tecnologici avente potenziali, ma non esclusive, applicazioni militari». Così la relazione tecnica del Ministro Nordio presentata stamane in Corte di Appello di Milano chiede la piena revoca degli arresti per Abedini, su cui però l’ultima parola spetterà sempre ai giudici titolari della complicata vicenda politico-giudiziaria che giocoforza era legata alla sorte di Cecilia Sala.
COSA SUCCEDE ORA SUL FRONTE IRAN-ABEDINI DOPO LA LIBERAZIONE DI CECILIA SALA
Sebbene ai microfoni del Tg1 il Ministro della Giustizia Carlo Nordio aveva sottolineato che formalmente non vi è legame specifico tra i due casi Sala e Abedini («due vicende parallele ma non congiunte»), il tema dell’estradizione così come l’eventuale arresto domiciliare (come richiede la difesa) restano ancora tutte in campo, fino almeno alla decisione della Corte d’Appello di Milano.
«Ci affidiamo al giudizio della Corte», aveva detto ancora il Guardasigilli nell’intervista del 9 gennaio scorso al Tg1, l’indomani della liberazione con arrivo a Roma Ciampino della giornalista del “Foglio”. Come ha spiegato la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni nella sua conferenza stampa l’indomani della liberazione, il caso Cecilia Sala è stato un pieno successo della diplomazia italiana con evidenti elementi di segretezza al momento ineliminabili in casi delicati come questi: «serve continuare a discutere con gli amici americani», ha detto la leader FdI, così come non mancano le relazioni con il Governo iraniano. Con la richiesta di revoca degli arresti per Abedini, stante le condizioni “non sussistenti per confermare il fondamento delle accuse”, vi potrebbe essere una svolta nel caso diplomatico al momento a “vantaggio” di Teheran, che con forza chiedeva all’Italia di non procedere con l’estradizione negli Stati Uniti. La “palla” resta ora in mano alla Corte d’Appello, mentre sul fronte politico il caso Abedini resta monitorato tanto dal Ministero della Giustizia, quanto da Palazzo Chigi dove le interlocuzioni con il prossimo Presidente degli Stati Uniti Donald Trump si conferma di volerle mantenere molto attive anche nelle prossime settimane.